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Chi sceglie davvero i nostri acquisti?

Parenti e amici fidati, ma non solo, anche perfetti estranei. Ecco chi ci influenza quando mettiamo mano al portafogli.

Confezioni piccole (Fotolia)

Uno, nessuno o centomila? In quanti si è quando si fa un acquisto qualsiasi, si tratti di un paio di scarpe o di un mobile per la casa? La domanda è lecita soprattuto in tempi, come quelli di oggi, in cui la nostra autonomia di giudizio subisce mille bombardamenti e influenze. Oltre ai pareri, spesso sinceri e in buona fede, di parenti e amici, a influenzarci ci sono anche gli “amici virtuali”: perfetti estranei che però partecipano alla nostra vita grazie a foto condivise, opinioni cinquettate di continuo,‘like’ e post che costituiscono un coro, spesso dissonante, di pareri espressi 24 ore su 24.

Per capire quanto i nostri amici in carne ed ossa o solo virtuali possano influenzare le nostre scelte Yahoo! Finanza ha chiesto alla professoressa Maura Franchi, docente di Sociologia dei consumi presso la falcoltà di Economia dell’Università di Parma e, di recente, autrice con Augusto Schianchi, del libro “Scegliere nel tempo di Facebook. Come i social network influenzano le nostre preferenze” (Carocci editore) quanto la nostra autonomia di giudizio riesca a rimanere solida.


  • Come è possibile che le nostre scelte siano influenzate non solo da amici e fidati e parenti, ma anche da “amici virtuali” che, nei fatti, sono solo “perfetti estranei”?
    Gli amici della rete hanno una caratteristica particolare, non appartengono alla sfera dei legami intimi, ma questo non li rende estranei nel senso classico. Non sappiamo nulla di loro, ma nel momento in cui ci guardano, il loro sguardo contribuisce a costruire qualche tipo di ponte tra noi e loro, il loro sguardo diventa fonte di riconoscimento. L’influenza della rete scaturisce dalla natura intrinseca della rete stessa: un luogo in cui lo sguardo degli altri dà senso alla mia narrazione.

  • Nell'epoca del social esiste ancora l'autonomia di giudizio?
    Ogni nostra scelta, come la nostra identità, si muove sempre su un doppio binario: implica un processo di distinzione (la volontà di essere diverso dagli altri per sentirsi unici, diversi, peculiari) e un processo di imitazione (l’assunzione di modelli a cui posso assomigliare). Tutta la questione ha a che fare con l’equilibrio tra i due poli su cui la nostra identità si definisce. I social spostano fortemente il peso a favore dell’influenza di cerchie più larghe. Non soltanto aumenta il peso dell’imitazione ma si amplia la cerchia delle persone che imitiamo (e da cui siamo imitati). Questa è la novità: siamo tutti soggetti attivi e passivi nel processo di imitazione.

  • La comunità che "cinguetta" e "posta" vale quanto i nostri più fidati consiglieri?
    In rete siamo tutti produttori e spettatori. Questo è un elemento di crescita collettiva. Tuttavia l’aspetto più problematico a mio avviso è che genera l’illusione che tutti siano ugualmente legittimati ad esprimere un’opinione, per lo più costruita emotivamente, per lo più composta da stereotipi. Questo atteggiamento è, per certi aspetti, figlio della televisione e dei talk show, che hanno diffuso l’illusione che tutti possano esprimere un legittimo punto di vista indipendentemente dalle competenze, che non sono ugualmente distribuite.

  • Esiste e, se si, qual è, il modo per difendersi dall'"assedio dei pareri" e tutelare la propria autonomia di giudizio?
    Certo che c’è: si chiama cultura, che non è solo o tanto un bagaglio di contenuti, ma una disposizione mentale, ma la capacità di ragionamento e di elaborare opinioni proprie e critiche.  Così ci tuteleremo e saremo in grado non solo di scegliere l’acquisto migliore per noi, ma anche il consiglio che meglio ci calza.