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Cina ha dichiarato le crypto illegali, cosa succede ora?

La Cina questa volta ha dichiarato completamente illegali le attività e le transazioni che si incrociano in qualsiasi modo con le criptovalute (qui il testo in cinese del comunicato ufficiale). Banche, istituti finanziari, e qualsiasi altro servizio che in qualche modo favorisce o offre anche indirettamente supporto agli investimenti o al trading con le criptovalute, è una attività finanziaria illegale in Cina.

Di più, anche i servizi dei crypto exchange stranieri offerti ai cinesi residenti in Cina sono dichiarati illegali.

La prima reazione a tale decisione ha spinto il noto exchange FTX a lasciare Hong Kong per le Bahamas. Ormai Hong Kong, infatti, ha perso la sua autonomia dalla Cina e tutto ciò che viene dichiarato illegale nel paese asiatico, lo diventa presto anche nella provincia con amministrazione speciale.

I mercati si sono lasciati spaventare da questa notizia, ma in realtà neanche troppo. Altri annunci di restrizioni passate operate dalla Cina avevano sortito crolli ben più significativi, e tuttavia anche quelli poi assorbiti dal mercato.

Cosa succede ora?

Poco o nulla. La Cina è dal primo grande balzo del bitcoin a mille dollari nel 2013 che, anno dopo anno, applica alle criptovalute dei divieti via via crescenti.

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Nel 2013 toccò anzitutto alle istituzioni finanziarie, a cui fu vietato di emettere servizi o prodotti correlati alle criptovalute.

Nel 2017, a distanza di pochi mesi, furono vietate le initial coin offering (ICO) e cacciati dal paese gli exchange di criptovalute che dovettero emigrare in paesi asiatici limitrofi o in paradisi fiscali.

Nel 2021, a giugno, la cacciata anche delle società che fanno il mining delle criptovalute e ora questo secondo giro di vite definitivo che dichiara illegale del tutto qualsiasi operazione fiat-crypto e crypto-to-crypto.

Tuttavia, gli 1,4 miliardi di cinesi che vivono nel paese asiatico, è dal 2017 che non possono più operare con le criptovalute senza incappare in grosse difficoltà. Le autorità cinesi, infatti, a più riprese hanno bloccato IP stranieri legati ad attività crypto. Di fatto il mercato cinese in gran parte è fuori dai giochi da allora, nonostante piattaforme come OKEx e Huobi operino anche per clienti cinesi, questi ultimi sono una quota marginale.

I divieti degli scorsi anni, in definitiva, avevano già pesantemente colpito ogni forma di sviluppo di strumenti finanziari legati alle criptovalute e lo sviluppo di prodotti di investimento collegati al settore dei crypto asset.

Perché la Cina vieta le criptovalute?

La Cina è una dittatura e non ama le realtà indipendenti (vedasi la fine che ha fatto Hong Kong e la fine che ha fatto l’imprenditore Jack Ma).

Le autorità cinesi, inoltre, intendono ad ogni costo proteggere la loro moneta e lo hanno sempre fatto anche ostacolando i cinesi dall’effettuare grandi acquisti di valuta straniera (dollaro in particolare).

Appunto per proteggere il renminbi cinese, la Banca centrale Cinese studia una sua moneta digitale dal 2014. Moneta digitale che ora è giunta in una fase di sperimentazione in contesti di utilizzo reale.

In definitiva, se una valuta digitale ci sarà, in Cina dovrà essere quella emessa dallo Stato e non una criptovaluta qualsiasi che non sia sotto il diretto controllo del governo comunista.

In Cina la libertà è condizionata.

This article was originally posted on FX Empire

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