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Come denunciare il lavoro nero

I morti sul lavoro diminuiscono. Da 973 a 920 nell’ultimo anno, secondo i dati dell’ultimo rapporto Inail, un calo del 4,4% rispetto al 2010. Un dato sicuramente positivo ma che non tiene conto, ovviamente, del lavoro nero. Impossibile fare stime sul fenomeno del lavoro sommerso che in Italia, soprattutto nel settore edilizio, continua a rappresentare un problema. Retribuzioni stracciate, nessuna garanzia previdenziale e inesistenti misure di sicurezza sul posto di lavoro, senza alcun rispetto del diritto alla salute. Cosa fare, quindi, per denunciare il datore di lavoro che assume in nero?

Sono molti i lavoratori che accettano un impiego non regolare, solo per disperazione o perché non riescono a trovare altro, in un mercato sempre più depresso dalla crisi economica. Per prima cosa si può decidere di denunciare il fatto direttamente all’ufficio dell’Ispettorato provinciale del Lavoro. Basta rivolgersi a quello più vicino al proprio Comune di residenza: l’elenco è facilmente reperibile in rete. L’altra alternativa è la Guardia di Finanza. Anche soltanto per una segnalazione anonima. Per avere, però, maggiori possibilità che la denuncia abbia seguito, è sicuramente meglio lasciare anche i dati anagrafici, con la garanzia che vengano utilizzati nel rispetto della normativa sulla privacy. Nel caso si ricevesse una proposta di assunzione senza regolare contratto di lavoro, si può procedere alla segnalazione negli uffici preposti della Guardia di Finanza, indicando in questo caso gli estremi della ditta, l’ubicazione, gli orari di apertura e quelli di reperibilità del datore di lavoro.

E se il lavoratore non volesse esporsi in prima persona? Può anche rivolgersi al sindacato che inoltrerà la denuncia a suo nome, (Cgil, Cisl, Uil e Ugil) e si impegnerà sia nella fase di contrattazione, sia in quella di pacifica gestione delle controversie tra lavoratore ed azienda e, infine, anche nella fase di preparazione di vertenze che verranno indirizzate direttamente all’Ispettorato, all’Inail o Inps che provvederà ad avviare le procedure per verificare eventuali irregolarità. E nel caso la segnalazione riguardi non solo presunte irregolarità nelle assunzioni, ma anche la presenza di condizioni igienico-sanitarie o di sicurezza sul lavoro precarie, ci si può recare personalmente all’Asl di competenza territoriale che si occuperà di intervenire in misura preventiva, senza dimenticare di inoltrare la segnalazione anche all’Inail e all’Inps.

I settori più colpiti dal lavoro sommerso sono quelli dell’edilizia e dell’agricoltura e, non a caso, sono anche quelli in cui si registra la maggiore incidenza di infortuni gravi o mortali. E riguardano un gran numero di cittadini extracomunitari, spesso irregolari, che rischiano l’espulsione dal Paese.

Cerchiamo di capire quali sono le sanzioni nei confronti del datore che assume irregolarmente. Il presupposto fondamentale per l’adozione della sanzione risulta l’assenza della comunicazione preventiva di assunzione al Centro per l’impiego. Ma solo nei casi di rapporti di lavoro che rispettino il requisito della subordinazione: rimangono esclusi, ad esempio, i rapporti di lavoro instaurati con lavoratori autonomi o parasubordinati quali collaboratori a progetto o associati in partecipazione.

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La sanzione, inoltre, non sarà applicata quando, pur in mancanza di comunicazione preventiva di assunzione, si evidenzia la volontà non voler occultare il rapporto di lavoro dagli adempimenti contributivi come la presentazione del DM10 o di un Uniemens. Grazie alla circolare 38/2010 del Ministero del Lavoro, i datori che decidono di denunciare spontaneamente entro dodici mesi dalla scadenza del primo periodo di paga i lavoratori assunti, sono totalmente esonerati dalla sanzione. A patto che provvedano al versamento di contributi e premi entro 30 giorni dalla denuncia, comunicando la data esatta di assunzione al Centro per l’impiego. Ma oltre alle sanzioni – nell’eventualità di lavoratori irregolari in misura pari o superiore al 20% del personale - il datore di lavoro potrà anche essere colpito dal provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale. In caso di accertamento della presenza di lavoro nero, l’azienda avrà un termine per regolarizzare le posizioni e pagare una multa in misura ridotta, secondo la legge 183/2010, che estende agli ispettori Inps il potere di contestazione e di notificazione della sanzione.

Nello specifico, il datore di lavoro privato, sono esclusi quelli domestici, è punito con una sanzione amministrativa compresa tra 1.500 euro e 12.000 euro per ciascun lavoratore irregolare, maggiorata di 150 euro per ciascuna giornata di lavoro effettivo. L’importo della sanzione, poi, è compreso tra 1.000 e 8.000 euro per ciascun lavoratore, maggiorato di 30 euro per ogni giornata di lavoro irregolare, nel caso in cui il lavoratore risulti regolarmente occupato per un periodo di lavoro successivo. Anche il mancato versamento dei contributi, nelle forme e nei tempi previsti dalla normativa corrente, è considerato reato. I datori di lavoro inadempienti possono essere puniti con la reclusione fino a tre anni ed una multa pari a 1.032 euro. Ma c’è un modo per evitare la causa penale: le ritenute devono essere versate entro tre mesi dalla data di contestazione o notifica dell’avvenuto accertamento della violazione.

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