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Come investire a zero tasse con Pir e Eltif, nuovi strumenti crescono

I Piani individuali di risparmio (Pir) sono tornati e più interessanti di prima. Una frase come uno slogan, ma che ben sintetizza l’attuale situazione di uno strumento finanziario che, a causa di una legge fatta con i piedi, non aveva invogliato il risparmiatore investitore a prenderlo in considerazione.

Ora che la legge favorisce i Pir e che il mercato finanziario si è ripreso con grande slancio, tanto che anche le azioni europee potrebbero crescere in media di un ulteriore +11% entro quest’anno, gli italiani ne aumentano man mano la massa in gestione.

Secondo Assogestioni, il secondo quarto dell’anno riporta flussi positivi per 105,6 milioni sui fondi Pir, ma il patrimonio gestito vale 19,7 milioni di euro, riporta l’Economia del Corriere.

Le stime di Intermonte, sempre riportate dall’Economia, indicano che entro il 2021 la raccolta potrebbe salire a 800 milioni di euro e nel 2022 a 2,7 miliardi di euro.

Dove investono i Pir?

I Piani individuali di risparmio (Pir), sono un nuovo strumento di investimento pensato per i piccoli e medi risparmiatori, sempre più orientati dai trend del momento verso gli investimenti con prospettive innovative.

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I Pir tradizionali investono in:

  • Almeno il 70% della liquidità in gestione a favore di società italiane o europee ma residenti in Italia o con una stabile organizzazione nel nostro paese.

  • Il 25% deve essere investito in titoli mid cap e small cap quotate alla Borsa di Milano e non devono essere incluse nel FTSE MIB o in indici esteri equivalenti.

  • Il 3,5% almeno deve essere investito in small cap non inserite nel FTSE MIB o nel FTSE Mid Cap.

Com’è facile comprendere, i Pir sono strumenti di investimento dedicati al mercato finanziario italiano a sostegno in particolare delle imprese di più piccola taglia. Le classi di attività sottostanti sono i titoli azionari e i titoli di debito.

I Pir alternativi e gli Eltif

Ai Pir tradizionali si sono aggiunti i Pir alternativi voluti dal decreto rilancio. L’obiettivo di questo veicolo è investire nelle piccole e medie imprese italiane che nel Pir tradizionale sono poco rappresentate.

Nei Pir alternativi, infatti, le imprese a bassa capitalizzazione devono rappresentare il 70% del capitale investito, e devono essere società non rappresentate nel FTSE MIB e nel FTSE Mid Cap.

Secondo le stime riportate ancora dall’Economia del Corriere, si stima una raccolta a regime di due o tre miliardi di euro annui per i prossimi cinque anni.

Gli Eltif, invece, come i Pir alternativi investono in società di piccole dimensioni anche non quotate, ma con una capitalizzazione di mercato inferiore ai 500 milioni di euro ed includono anche prestiti, quote di fondi, Euveca (Fondi europei per l’imprenditoria sociale) e Eusef (fondi europei di venture capital).

I benefici dei Pir ed Eltif

Il vantaggio risiede nei benefici fiscali, si ha diritto all’esenzione delle imposte sulle rendite finanziarie e si è esenti dall’imposta di successione. I Pir alternativi, in aggiunta, offrono un credito d’imposta fino al 20%.

Tali vantaggi fiscali prevedono un requisito, l’investimento va mantenuto per 5 anni e vi sono dei limiti in termini di importi. L’investitore riceve l’esenzione sui primi 30 mila euro annui investiti nei Pir tradizionali e non oltre i 150 mila sul totale.

Chi investe nei Pir alternativi ha agevolazioni maggiori con esenzioni su investimenti fino a 300 mila euro annui e un totale di 1,5 milioni di euro.

I rischi

Tali strumenti finanziari non sono privi di rischi, anzi, investendo su mercati via via più illiquidi e su società piccole, i rischi di default sono più alti e frequenti.

This article was originally posted on FX Empire

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