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Con la tecnologia l'individuo ha un potere mai visto. Quattro ore di FinTech Talks

Mattia Feltri e Beppe Sala (Photo: HuffPost)
Mattia Feltri e Beppe Sala (Photo: HuffPost)

Non bisogna essere per forza Bill Gates, nel suo garage di Alburquerque, per cambiare la storia dell’innovazione. Oggi, le startup di successo sono una realtà che parla anche italiano. In particolare nel mondo del FinTech. La dimostrazione di questo assunto – che forse, qualche anno, fa sarebbe suonato come una provocazione – è arrivata questa mattina dai FinTech Talks, l’evento organizzato da Huffington Post.

Un evento del genere non poteva che essere ospitato a Piazza Affari, nel cuore della capitale economica d’Italia. “Milano è l’epicentro del FinTech del nostro paese” ha inaugurato così i lavori il sindaco della città, Beppe Sala, in un confronto con il direttore di HuffPost Mattia Feltri. Non è un caso che, come sottolinea un recente report di Banca d’Italia, quasi la metà delle aziende FinTech italiane siano concentrate in Lombardia. Il segreto di Milano, ha detto Sala, è la capacità di anticipare le tendenze. Nell’imprenditoria, nella finanza e nella creatività. Cioè i tre ingredienti che rendono così dinamico questo settore.

Di fronte all’ascesa del FinTech, è chiaro che le banche si difendono come possono. “Non dimentichiamoci che siamo nel paese più bancarizzato d’Europa”, ha ricordato Emilio Barucci, docente di Finanza Quantitativa del Politecnico di Milano. Le startup sono una minaccia per la posizione delle banche nel sistema finanziario? “L’ascesa del FinTech va contestualizzato. Andiamo a vedere i dati effettivi” ha rassicurato Massimo Proverbio, Chief Digital and Innovation Officer di Intesa San Paolo. “Se andiamo a vedere i ricavi, la finanza tecnologica vale solo lo 0,4% del totale finanziario italiano. Se guardiamo al futuro queste aziende non rappresentano una minaccia per noi. Ma sono comunque una sfida. L’unico modo che abbiamo per affrontarla è quella di innovare noi per primi”.

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Tempi duri in arrivo per le banche? Non è detto. Tutto dipende da quanto sono pronte a mettere in discussione il proprio approccio verso l’innovazione tecnologica. “Nel mondo bancario sta cambiando tutto, anche se facciamo sempre la stessa cosa: dare credito ad imprese e cittadini” ha spiegato Corrado Passera, ex ministro e fondatore della banca digitale Illimity, in un’intervista con Roberto Arditti. “La tecnologia ci permette di innovare in maniera formidabile i nostri servizi. Ma da grandi possibilità derivano anche grandi rischi”. Per questo le big hanno iniziato a collaborare con gli sfidanti.

Secondo Bankitalia, le banche italiane hanno internalizzato servizi e prodotti FinTech solo nel 18% dei progetti. In 8 casi su 10, invece, le attività vengono portati avanti al di fuori del sistema bancario. “L’esternalizzazione è un’ottima notizia. Siamo nell’era dell’Open Innovation” ha sottolineato Pietro Sella, amministratore delegato dell’omonimo gruppo, durante un dialogo con il condirettore di HuffPost Gianni Del Vecchio. “Le innovazioni nascono dalla contaminazione. E con questo sistema abbiamo tutti da guadagnarci”. È l’epoca della coopetition tra grandi gruppi e piccole startup. Come abbiamo spesso sottolineato sulle nostre pagine.

Oltre alla competizione/cooperazione tra attori vecchi e nuovi, c’è poi una questione di normativa. “Il FinTech è un mondo difficile da governare – ha aggiunto Barucci – ce lo confermano anche le autorità di vigilanza. La sua ascesa travalica i confini che i regolatori sono costretti invece rispettare”. C’è chi ha affermato, questa mattina, che le nuove tecnologie finanziarie rappresentano un fatto epocale nella storia dell’umanità. “Nella storia umana ci siamo sempre scambiati promesse. Tu fai questo oggi e io domani farò quest’altro” ha ricordato, in collegamento dalla Gran Bretagna, il filosofo Luciano Floridi, docente presso l’Università di Oxford. “Col tempo abbiamo concretizzato quelle promesse con la moneta. Noi filosofi parliamo di reificazione. Una cosa astratta, la promessa, diventa concreta”. Un modo per rendere gli scambi più efficienti e maneggiabili. “Oggi però, con il FinTech, stiamo tornando all’epoca precedente alla reificazione. Le criptovalute sono una ri-astrazione di ciò che era diventato concreto”.

In un contesto così liquido e complicato da capire, come ha sottolineato anche il sindaco della città meneghina, il ruolo delle istituzioni e dei regolatori è di pari importanza rispetto a quello giocato da startup e banche del settore. “Le normative ancora in vigore erano state pensate per un mondo analogico e non digitale” ha evidenziato Alessandra Perrazzelli, vicedirettrice generale di Banca d’Italia. “Per questo, qui a Milano, abbiamo dato vita all’Innovation Hub”. Una struttura dedicata al supporto e allo sviluppo di iniziative, sia imprenditoriali sia accademiche, nel campo dell’innovazione finanziaria.

Chi vigila deve tenere alta la guardia. Soprattutto perché parliamo di un settore – come fatto notare da Perrazzelli e altri – dove Facebook, Amazon e altre Big Tech stanno rafforzando in maniera inarrestabile il proprio potere: dalla gestione dei Big Data al dominio nell’e-commerce, fino addirittura all’emissione di credito e monete digitali. “Per contrastare l’ascesa di Big Tech serve un euro digitale. Una risposta necessaria, da parte dell’eurosistema. Non c’è in gioco solo la politica monetaria del nostro continente, ma anche la stessa idea di democrazia”. La Consob, tramite il commissario Paolo Ciocca, ha fatto eco agli avvertimenti di Via Nazionale: “L’Italia deve adottare una normativa che ponga le basi per l’emissione e la negoziazione, anche nel nostro paese, di strumenti finanziari innovativi, come i securities tokens. In gioco – ha sottolineato Ciocca – c’è la tutela di risparmiatori e investitori. Per l’Italia è cruciale avere le giuste infrastrutture per l’attività FinTech, come wallet providers ed exchanges”.

E la tutela dei risparmiatori passa anche dalla trasparenza. Per il membro del collegio del Garante della Privacy, Guido Scorza, il sempre maggiore utilizzo della tecnologia blockchain – basata sostanzialmente sull’anonimato – in ambito FinTech è una bella sfida per l’attività di chi deve proteggere i dati personali dei cittadini. “Ciascuno di noi ha il diritto di richiedere la cancellazione dei propri dati. Applicare questo diritto nell’universo blockchain è complicato. Ma non dobbiamo scomporci. Il futuro non va combattuto, ma governato” ha sintetizzato Scorza.

L’Italia non ha nulla da invidiare all’estero. Ma su tante cose si può ancora migliorare. “Non lontano da casa nostra, in Francia, le istituzioni hanno capito fin da subito la portata di questa rivoluzione” ha ricordato alla platea di Palazzo Mezzanotte Camilla Cionini Visani, direttore generale di ItaliaFintech. “A Parigi è attivo Choose Paris, un programma ricco di agevolazioni e finanziamenti per favorire la nascita e lo sviluppo di startup hi-tech. Sulle rive della Senna se ne contano ormai 750. Tre volte più di Milano”.

Chiariamoci: durante i lavori è emerso in maniera chiara che l’Italia sta lavorando bene, come confermato dai numeri del citato report di Bankitalia. Ma come possiamo rafforzare la nostra vocazione all’innovazione? Per il deputato Alessandro Fusacchia, coordinatore del gruppo interparlamentare sull’intelligenza artificiale, il futuro del FinTech italiano passa da scuole e università. “L’educazione finanziaria è lo strumento con il quale diffondere la giusta consapevolezza dei cittadini. Solo così avremo un paese dotato della giusta cassetta degli attrezzi per far nascere e attirare startup, anche dall’estero”.

E l’educazione del singolo individuo è sempre più importante. Lo ha confermato, nelle sue conclusioni finali, Emilio Barucci: “Le tecnologie FinTech danno al singolo una rinnovata centralità. Siamo in piena disintermediazione. L’individuo ha nelle sue mani un potere mai neanche lontanamente immaginato in passato”. Deve solo scoprirlo. Oggi, con FinTech Talks, abbiamo cercato di fare un primo passo in questa direzione.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.