La connection economy? Richiede la capacità di fare arte
Il guru americano Godin: il mondo è cambiato, e il mito della competenza non basta più
Cosa ci mette davvero in crisi, nell'era della connection economy, la difficoltà di trovare lavoro secondo i canoni di un tempo, o la messa in discussione di troppe certezze, su successo e carriera, che sono passate ma a cui non sappiamo rinunciare? La domanda emerge dal nuovo libro di Seth Godin, "Quel pollo di Icaro. Come volare alto senza bruciarsi le ali" (256 pagine, 14 euro, Sperling&Kupfer). Lo scrittore americano, autore di numerosi bestseller internazionali, come La mucca viola, blogger di marketing di fama mondiale, scrive che ancora oggi troppi sono ancorati ai vecchi modelli e incapaci di leggere i bisogni della nuova economia che non vuole titoli ed esperienze ma fiducia, originalità, leadership e carisma. La fabbrica, l'azienda, la banca nell'immaginario collettivo sono ancora territori di affermazione e sicurezza economica, ma non sono il campo adatto per affermare la nostra arte, che non è il talento innato di comporre quadri o sinfonie, ma un atteggiamento accessibile a chiunque, a patto di mettersi in gioco, cercando il proprio campo di innovazione e sviluppo. Yahoo!Finanza ha intervistato l'autore.
Godin, nel suo libro la società e il lavoro precedenti alla connection economy sono tacciate di esaltare il conformismo: cosa le ha rese attraenti per così tanto tempo? Basta dire il benessere e la serenità del mondo pre-crisi?
No, è il contrario. Il conformismo è confortante e implica una premessa: " fate ciò che vi diciamo, e diventerete ricchi". Il nostro "cervello da lucertola" ci spinge ad adattarci, perchè adattarsi equivale a sentirsi sicuri. Si dà il caso che l'età industriale sia stata in grado di trasformare il conformismo in profitto.
Scrive che la connection economy ha ridotto il valore attribuito alla competenza a favore di altre virtù. Allora perché ancora oggi il sistema del lavoro, nella fase di accesso, richiede valori e skill molto rigide e classificabili?
Semplicemente, essere competente, nella connection economy, non fa di te un esperto. L'economia di connessione aumenta notevolmente il valore della vera competenza, ovvero sapere come fare qualcosa che nessun altro sa fare. E' una trappola facile in cui cadere, quella di voler essere competenti, ma affermo che si tratta di un "falso paradiso".
Fare arte, nella vita e nel lavoro, sembra essere la chiave di volta del cambiamento. A cosa dobbiamo rinunciare per l'arte, al consenso, alle certezze economiche nel breve periodo, alla paura del fallimento?
Non si può abbandonare la paura, ma si può imparare a danzare con essa. C'è chi compie un lavoro coraggioso ed essenziale per compiere una danza differente con la paura.
In Italia, il lavoro è pagato poco e male, sopratutto per i free lance: per imporre agli altri la nostra arte, è giusto accettare, nel breve periodo, di lavorare gratis?
La questione non è essere pagati o non essere pagati, ma è il progresso, il progredire. La domanda da farsi è: sto costruendo un asset, un bene? Sto imparando qualcosa che gli altri non conoscono e di cui hanno paura? Sto creando delle relazioni sulla fiducia?
Argomenta che oggi tutti possono offrire qualità e convenienza, quindi sono attitudini che valgono meno. Di contro, bisogna offrire idee, empatia, capacità di connessione. Come estendere questo discorso a quei lavori che sono più tecnici e meno soggetti al contatto personale e al confronto diretto?
Ci sarà sempre bisogno della persona che assembla la macchina del caffè espresso, di quella che pulisce l'ufficio, di quella che svolge meccanicamente un lavoro. Ma non significa che quella persona dovete essere voi.
Scrive che la meritocrazia, quella che sembra tale, è un gioco truccato: cosa è la meritocrazia oggi, un mito o una forma di propaganda?
Si tratta di una falsa definizione del concetto di merito. Nel libro scrivo: "Come avere speranza in una società industrializzata, in un'economia in cui il rispetto degli obbighi della catena di montaggio sono il miglior modo per incentivare la produttività? La nostra economia è diventata una gigantesca lotteria. Forse deciderai di partecipare ad American Idol. Forse citerai qualcuno in giudizio e otterrai un guadagno improvviso. Forse sarai promosso come socio, come risultato di tutto il duro lavoro. Noi celebriamo i 400 padroni dell'universo su Forbes e i pochi fortunati che hanno vinto la lotteria aziendale, perché segretamente festeggiamo le nostre possibilità di vincere la lotteria. Ma come nella maggior parte delle lotterie, si tratta di un gioco a perdere, con le probabilità contro. Quella che sembra essere la meritocrazia è un gioco truccato e una ruota della fortuna". Fare arte, creare connessioni, sfidare lo status-quo, spingere le cose al limite è la nuova partita, che piaccia o meno.
Il mito del talento, il mito dell'umiltà, il mito dell'ascesa per gradini, ma anche le certezze didattiche del sistema universitario di eccellenza nel suo libro sono rimesse in discussione: da americano, quali sono i miti del successo che oggi ritiene superati?
Questo marketing culturale è persistente e continua ad avanzare ma tutti questi miti sono cose che ci hanno insegnato ma non è detto che fossero cose vere.
Quanto contano le attitudini culturali nell'atteggiamento da lei descritto? Le persone possono "fare arte" allo stesso modo a tutte le latitudini o i condizionamenti culturali esisteranno sempre?
La cultura conterà sempre, ma cambia e lo fa velocemente se noi spingiamo per il cambiamento.