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Coppie in EUR in calo dopo dimissioni da primo ministro di Renzi

Depositi a vista della BNS in leggera flessione

di Arnaud Masset

Come previsto, la vittoria dei “no” al referendum costituzionale italiano ha messo in fuga dagli asset europei gli investitori, e a prevalere ora è l’avversione al rischio. Come di consueto, il franco svizzero è stato una delle prime valute ad apprezzarsi nei confronti della moneta unica quale conseguenza delle crescenti tensioni nell’Eurozona. Il recente apprezzamento del franco svizzero suggerisce che i partecipanti al mercato sono quasi immuni agli sviluppi economici in Svizzera e si concentrano esclusivamente sullo status di bene rifugio della divisa.

Dal rapporto sul PIL del terzo trimestre pubblicato la scorsa settimana dal Segretariato di Stato per gli Affari Economici, emerge che in Svizzera la crescita economica è stata piatta; si è registrata una contrazione delle esportazioni (esportazioni di beni: -0,2% t/t ed esportazioni di servizi: -0,8% t/t), con un aumento marginale della spesa delle famiglie (+0,1% t/t). Su base annua, l’economia svizzera si è espansa dell’1,3% in termini reali, rispetto al 2% del secondo trimestre e all’1,1% del primo. In prospettiva, ci aspettiamo che l’economia svizzera rimanga sotto forti pressioni perché l’Eurozona, il suo principale partner commerciale, si prepara a un anno cruciale, fitto d’incertezze sul fronte politico. Questo contesto dovrebbe tradursi in una costante forza del franco, che dovrebbe continuare ad esercitare pressioni sull’EUR/CHF, facendo rimanere la BNS “in stato di allerta”.

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Stamattina l’EUR/CHF ha aperto in calo dello 0,80%, a 1,0698, stornando completamente i guadagni della settimana scorsa. La moneta unica, però, ha invertito rapidamente le perdite, riportandosi sui livelli iniziali – intorno a 1,0790 – sulla scia del recupero generalizzato dell’EUR. Verrebbe quasi da dire che la BNS è intervenuta di nuovo per proteggere il franco svizzero, ma, alla luce della diffusa ripresa delle coppie in EUR, bisogna leggere lo sviluppo come una correzione del mercato e non un intervento delle BNS. Stamattina sono stati pubblicati i depositi a vista della BNS, da cui emerge che la scorsa settimana la banca centrale elvetica non è intervenuta; i depositi a vista totali sono scesi lievemente, a 527,5 mld dai 527,6 mld della settimana precedente, quelli delle banche residenti sono calati di 5,4 miliardi, a 457,6 mld.

L’Italia dice no, le banche italiane soffriranno (temporaneamente)

di Yann Quelenn

Come avevamo previsto venerdì, in uno scenario contraddistinto da una crisi globale, ci sembrava ovvio che l’Italia avrebbe sfidato il suo governo, negandogli la possibilità di applicare le politiche di austerità europee. Matteo Renzi ha preso una decisione saggia annunciando le sue dimissioni, visto che non rappresenta ciò che vogliono gli italiani.

C’è chi la definisce la terza sorpresa dell’anno dopo la Brexit e l’elezione di Trump. C’è sicuramente uno schema ben definito. Non è che gli italiani non vogliano il cambiamento, è certo invece che temono di diventare la nuova Grecia.

Nei prossimi giorni le banche italiane soffriranno perché i mercati inizieranno a scontare una probabilità inferiore di un salvataggio. A nostro avviso, il salvataggio ci sarà comunque, perché l’Eurozona non può permettere al settore bancario italiano di crollare, soprattutto perché ciò avrebbe delle conseguenze per altre istituzioni europee.

La moneta unica è talmente debole che con ogni nuovo referendum riemergono voci di tensioni e di un possibile crollo. Questo trend peserà molto sull’Eurozona per tutto il 2017.

Ciò nonostante, le tensioni avvertite dalla moneta unica stanno aiutando, ironia della sorte, la Banca Centrale Europea nella sua guerra valutaria contro l’USD. Stamattina un euro viene scambiato a 1,06 sul dollaro. Alla riunione della BCE di giovedì, Mario Draghi annuncerà sicuramente la proroga del suo programma di allentamento quantitativo (QE) oltre la scadenza del marzo 2017.

Comprare CNY sulle apparenze

di Peter Rosenstreich

Il feed di Twitter del presidente designato USA si è riattivato, costringendo gli investitori ad adeguare ulteriormente i loro posizionamenti. Proprio quando il vice presidente eletto Pence era riuscito a raffreddare le tensioni diplomatiche, minimizzando la telefonata di congratulazioni della presidente di Taiwan Tsai Ing-Wen a Trump, la situazione si è infiammata a causa di un tweet a tarda notte. “La Cina ci ha chiesto se andava bene svalutare la loro valuta (rendendo difficile competere per le nostre aziende), tassando pesantemente i nostri prodotti verso il loro paese (gli USA non li tassano) o costruire un enorme complesso militare nel mezzo del Mar Cinese Meridionale? Non penso proprio”, ha twittato Trump. La retorica ci fa prevedere che Trump marchierà la Cina come manipolatrice della valuta e che procederà con dazi del 45% sulle esportazioni cinesi. Continuano a evolversi due narrazioni: la prima riguarda le azioni aggressive di Trump contro la Cina (improbabile un ottimismo verso la Russia) e la seconda è l’inosservanza generale dei protocolli diplomatici. Entrambe avranno in futuro delle ramificazioni significative sui mercati finanziari. L’RMB è rimasto sostanzialmente invariato rispetto al prezzo di venerdì.

A Hong Kong continuano a salire i tassi debitori per il CNH. Viste le crescenti preoccupazioni per una guerra commerciale fra gli USA e la Cina, sono prevedibili pesanti vendite sull’RMB. Sospettiamo che la PBoC stia intervenendo per far aumentare il tasso di finanziamento overnight, per scoraggiare ulteriori liquidazioni di RMB. I tassi overnight CNH-HIBOR sono aumentati del 12,4%, livelli che non si vedevano da settembre/ottobre. Per quanto riguarda l’USD/CNY, è prevedibile una stabilizzazione e addirittura un apprezzamento perché la Cina, preoccupata per le apparenze, svierà le critiche sul tasso di cambio in vista del 20 gennaio. In termini più generali, sui mercati emergenti sono diminuiti i deflussi dopo due settimane di forti rotazioni da mercati emergenti a sviluppati dei fondi. Operando in controtendenza, andremmo corti sull’USD/JPY in vista del 20 gennaio.

Autore: Swissquote Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online