Crisanti: "Se il contact tracing avesse funzionato non saremmo arrivati a questo punto"
Il contact tracing soffre. I contagi da Covid di cui non si riesce a ricostruire l’origine in Italia sono sempre di più. È quanto segnala l’ultimo report Iss-Ministero della Salute: il numero di nuovi casi non associati a catene di trasmissione risultano 30.966 contro i 23.971 della settimana scorsa. Anche la percentuale dei casi rilevati attraverso l’attività di tracciamento dei contatti è in leggera diminuzione, dal 34% al 33%.
È un trend che dura da settimane. Il 19 novembre i nuovi casi non associati a catene di trasmissione erano 15.773 contro i 11.001 della settimana precedente. E un mese fa, il 5 novembre, i nuovi positivi di cui non era stata rintracciata l’origine erano stati 8.326 contro i 6.264 del monitoraggio di sette giorni prima.
“Il problema viene da lontano: in Italia il contact tracing non ha mai funzionato. Se fosse stato efficiente quando avevamo 2-3 mila casi al giorno o meno, non saremmo arrivati a questo punto. Il contagio, si sa, corre quando le persone infette non vengono identificate in tempo”, commenta all’HuffPost Andrea Crisanti, professore ordinario di microbiologia all’Università di Padova.
“L’uso dei tamponi rapidi ha complicato ulteriormente le cose: avendo una sensibilità ridotta e potendo dare falsi negativi, hanno moltiplicato le possibilità di non identificare persone infette”, sottolinea l’esperto secondo cui “se avessimo avuto un maggior impiego di test molecolari, una differente logistica e altri protocolli, oggi saremmo in una situazione completamente diversa”.
Crisanti afferma che nel nostro Paese “a fronte di un positivo, spesso ci si è limitati a contattare e testare famigliari e conviventi. Ma questo non può essere definito vero tracciamento, un’attività ben più complessa che purtroppo l’Italia non ha le risorse per sostenere, né a livello logistico né di personale”.
Attività complessa. Sì, perché i tracciatori devono cercare le persone con cui il soggetto risultato positivo ha avuto contatti stretti nelle 48 ore precedenti al test. Il numero dei contatti può variare, e di molto. Una volta individuati, i contatti vanno isolati e, a loro volta, testati. È evidente che maggiore è il numero di casi giornalieri che un Paese conta, maggiori sono le risorse di cui il sistema di tracciamento ha bisogno. E invece c’è carenza: un approfondimento del quotidiano La Stampa afferma che da gennaio 2021 in Italia sono scomparsi 3 mila tracciatori, probabilmente dirottati in altri comparti della sanità per compensare la mancanza di personale.
Il quotidiano scrive:
“Ad ottobre 2020 un decreto legge fortemente voluto dal ministro Speranza finanzia l’assunzione di 2 mila sanitari destinati a rimpolpare le schiere dei cacciatori di virus. Al bando rispondono in tanti e a gennaio i dati regionali riportati dal Monitoraggio settimanale dicono che in effetti la dotazione organica si è un bel po’ rafforzata [...] Come era già accaduto l’estate precedente, però, l’arrivo dell’estate fa abbassare la guardia un po’ a tutti, Regioni comprese. Anche perché il calo dei contagi, ci si illude, non potrà essere ribaltato in autunno perché questa volta ci sono i vaccini. Come è andata a finire lo sappiamo, ma in quel momento la nostra sanità pubblica, in carenza cronica di personale, inizia a dislocare altrove i nuovi assunti. Magari per turare le falle nei reparti o negli ambulatori. Fatto è che da gennaio a oggi sono spariti circa tremila addetti al contact tracing. Più di quelli assunti lo scorso anno”.
L’intensa attività degli ultimi giorni, causata dall’aumento dei contagi, ha portato le aziende sanitarie locali a prendere provvedimenti per implementare il sistema di tracciamento. La abruzzese Asl di Chieti, per esempio, ha pubblicato un bando con scadenza 5 dicembre per il reperimento urgente di laureati in medicina e chirurgia da impegnare nelle attività di contact tracing “stanti – si legge nell’avviso – le esigenze straordinarie ed urgenti dovute alla recrudescenza del fenomeno pandemico”.
Già lo scorso luglio Altems, scuola di economia e management sanitari della Cattolica, segnalava che solo cinque regioni italiane (Abruzzo, Calabria, Liguria, Lombardia e Veneto) avevano emanato provvedimenti per definire linee guida, piani e programmi di rafforzamento di contact tracing. Sempre a luglio, il Centro europeo per il controllo delle malattie (Ecdc) ricordava che ”è importante che nelle scuole vengano dispiegate strategie per testare gli alunni, trovare i positivi, isolarli a procedere al tracciamento e alla quarantena dei loro contatti”.
A proposito di scuole e contact tracing, un piano di intervento mirato è quello che elaborerà il commissario Francesco Paolo Figliuolo su richiesta di Palazzo Chigi per effettuare lo screening negli istituti scolastici ed evitare per quanto possibile la didattica a distanza. Il sistema di tracciamento in atto delle Regioni-Province autonome verrà potenziato grazie ad assetti militari prontamente resi disponibili dal ministro della Difesa Lorenzo Guerini e coordinati dal Comando Operativo di Vertice Interforze (Covi). In particolare, secondo quanto annunciato, è previsto l’impiego sistematico della rete degli undici laboratori di biologia molecolare della Difesa già presente in otto Regioni, in grado di processare tamponi molecolari effettuati a domicilio da team mobili militari, oltre al possibile dispiegamento di due laboratori mobili.
“Purtroppo sull’attività di tracciamento scolastico c’è sempre stata confusione. Nel progetto che avevo realizzato pensando alle scuole prevedevo laboratori in grado di eseguire tra i 10mila e 15mila test al giorno”, dice il professor Crisanti evidenziando che “si sarebbe trattato di un lavoro che non sarebbe stato possibile eseguire in normali strutture, ma in laboratori dotati di macchinari per l’analisi su vasta scala”.
Insomma: in piena quarta ondata e con i casi di variante Omicron che iniziano a diffondersi nel mondo, il problema tracciamento non può essere eluso. In questo momento secondo Crisanti “l’Italia naviga a vista: per un anno il Paese si è affidato esclusivamente al vaccino e non ha provveduto a potenziare altri meccanismi di contrasto al Covid, dal tracciamento al sequenziamento. Oltretutto non si può correre ai ripari dell’ultimo minuto: si tratta di strutture che hanno bisogno di anni per essere realizzate e messe a regime”.
Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.