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Dal 2008 a oggi persi più di 22 posti di lavoro ogni ora

Dal 2008 a oggi persi più di 22 posti di lavoro ogni ora

Un milione e 40mila posti di lavoro persi in poco più di cinque anni. Mettono i brividi gli ultimi dati Istat sull’occupazione resi pubblici la scorsa settimana. Perché con un rapido calcolo si scopre che ogni giorno, in Italia, sono stati persi 542 posti di lavoro, vale a dire più di 22 ogni ora. Nell’aprile 2008, quando è stato raggiunto il picco occupazionale pre-crisi, gli italiani occupati erano 23 milioni e 549 mila, a luglio di quest’anno 22 milioni e 509mila.

Le ragioni sono da ricercare nella crisi, certo, ma anche nella mancanza di soluzioni alla medesima. È una lettura approfondita dei dati a suggerirlo. Perché il 41,6% di posti di lavoro persi negli ultimi cinque anni è andato in fumo fra il luglio 2012 e il luglio 2013. Dopo la riforma del mercato del lavoro sono stati persi 433mila posti di lavoro (1.186 al giorno). Come dire che la “cura” ha incancrenito la “malattia” invece di sanarla. 

Secondo Confartigianato – che ha condotto un approfondito studio sui dati Istat – la riforma del sistema pensionistico e del mercato del lavoro del ministro Elsa Fornero ha scoraggiato le assunzioni dei giovani rallentando l’uscita dei pensionati. Sono state così accentuate le forze centrifughe che mettono seriamente a rischio la coesione sociale: 9 milioni e mezzo di persone vengono ritenute sotto la soglia della povertà (1 milione solamente in Piemonte, per decenni roccaforte dell’occupazione grazie alla Fiat) e ci sono 1,7 milioni di italiani scoraggiati che hanno smesso di cercare un’occupazione: o dopo averla persa, o senza essere mai entrati sul mercato del lavoro.

Gli sgravi alle assunzioni decisi dal Governo Letta sono una sorta di placebo per un sistema che andrebbe rivisto dalle fondamenta. Un sistema che resta bloccato da un cuneo fiscale che ha toccato il 47,6%, di ben 12 punti percentuali superiore alla media europea.

In Italia i disoccupati sono 3.076.300, praticamente raddoppiati rispetto al 2007 e se si considera che le ore di cassa integrazione autorizzate in un anno equivalgono a 324mila lavoratori tenuti a casa per 12 mesi, il calcolo è presto fatto: 5,1 milioni di lavoratori rientrano nell’alveo del disagio sociale. Nella sua analisi Confartigianato parla di “spread del lavoro”, mettendo in luce come la crisi abbia ribaltato gli equilibri fra Italia e Germania: nel 2007 il tasso di disoccupazione era al 6,2% in Italia e al 9,4% in Germania, ora è salito al 12,1% in Italia ed è sceso al 5,4% in Germania.  Perché? Semplice: mentre in Italia la crisi è stata affrontata in un periodo di totale paralisi istituzionale, in Germania il governo di coalizione di Angela Merkel ha proposto politiche che hanno creato i presupposti per la reattività del sistema produttivo, anche se va detto che i dati sull’occupazione sono “drogati” dall’utilizzo sempre più frequente dei minijob.

In questa fase di crisi, nella quale sarebbe auspicabile un rinnovamento e l’ingresso di energie fresche nel mercato del lavoro, l’Italia ha confermato il proprio immobilismo: i lavoratori under 35 sono diminuiti di un milione 668mila, passando da 7,1 a 5,4 milioni, mentre gli over 55 sono addirittura cresciuti dai 2,7 ai 3,5 milioni. La crisi, l’evoluzione demografica (l’Italia è uno dei paesi con il maggior tasso d’invecchiamento al mondo) e l’assenza della politica hanno prodotto un mix letale per il mondo del lavoro, ma soprattutto per le fasce più giovani della popolazione. E i 22mila posti di lavoro che potrebbero arrivare in occasione dell’Expo 2015 sono un rimedio temporaneo, in grado di creare un picco effimero che procherebbe un effetto-boomerang alla fine dell’evento, come dimostrano le “macerie” socio-economiche lasciate a Torino e provincia dai Giochi Olimpici Invernali del 2006.