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Dal frutteto ad Amazon: storia di un barattolo italiano che ha conquistato il Giappone

(Photo: prunotto)
(Photo: prunotto)

Da piccola azienda di famiglia a case history per Amazon. È la storia di un frutteto di trenta ettari, in mezzo alle colline di Barbaresco e Barolo, quelle dove ci sono più vitigni di nebbiolo che altro. Dal 1863 non hanno mai cambiato idea: trattano la frutta alla vecchia maniera e la mettono in barattolo così com’è. Per dire, nella bottiglietta di succo di frutta alla pera c’è solo un ingrediente: la pera. “Non serve altro”, dice Roberto Vezzoso, il figlio di Mariangela Prunotto che negli anni 70 ha deciso che l’azienda che porta il nome della mamma doveva vendere i suoi prodotti anche all’estero.

Vezzoso dice: “Sono partito con la classica valigia di cartone e sono andato sempre più lontano. Mi ricordo ancora che mi facevano ‘storie’ alla dogana perché il limite delle dimensioni del barattolo che potevo portare in valigia erano 100 g: la nostra confezione più piccola per dire è 106. Alla fine ho capito che se viaggiavo col doppio dei prodotti era meglio. Bastava un assaggio per convincere tutti”.

Poi nel 2015 la chiamata, intesa proprio come telefonata, da Amazon, la proposta di entrare in una vetrina nuova dedicata ai prodotti Made in Italy. Per la famiglia Vezzoso voleva dire raggiungere case in cui non sarebbero mai entrati altrimenti. E oggi, in poco più di sei anni, il 90 per cento del fatturato arriva dall’estero: dal Giappone, primo mercato e dagli Usa. E poi dall’Europa, dall’Inghilterra soprattutto.

Ma restano umili, a raccogliere frutta e riempire barattoli sono sempre e solo 20 persone in tutto, oltre alla famiglia, la gente del posto. Si conoscono tutti a Mussotto, piccola frazione ai confini di Alba, a breve distanza dalla Ferrero. Da Prunotto a fine anno contano chiusi ed etichettati più o meno 2 milioni di vasetti. Da fuori casa arrivano solo i barattoli e le bottiglie di vetro, con relative capsule. Perché le etichette se le stampano da soli, in tutte le lingue.

prunotto (Photo: Nicoletta Moncalero)
prunotto (Photo: Nicoletta Moncalero)

I meriti vanno condivisi col territorio. “Il vero toccasana qui è l’aria: fresca al mattino e alla sera, anche d’estate. Così la frutta non matura troppo in fretta”. A fianco di Roberto Vezzoso in mezzo ai filari di frutta c’è un tavolo fatto con le cassette di legno, ha preparato una “vetrina” con i suoi prodotti. C’è un barattolo da 4 chili e mezzo di albicocche sciroppate. Sotto vetro, solo così si mangeranno da qui fino alla prossima estate. Di sicuro non dureranno tanto. Ma è già scritto nel loro destino. “Questa varietà di albicocca dura un giorno solo, non la vedrete mai al mercato. La raccogliamo al mattino alle 4 e mezza e poi la chiudiamo in barattolo entro sera. È una varietà antica, più piccola rispetto a quelle che vediamo in vendita normalmente. Non ha un nome, si riconosce al gusto, per quel sentore di mandorla che lascia il nocciolo”. Oltre alla frutta anche i pomodori. In Piemonte. La passata è un prodotto di punta: a riempire la bottiglia da 690 g servono tre chilogrammi di pomodoro. ”È normale che uno si faccia delle domande: il pomodoro in Piemonte? Con tutta la produzione del sud? Sono due prodotti con caratteristiche diverse, qui il pomodoro è più delicato, dolce. Ma se provate la passata non avrete più nulla da dire”.

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Di particolare, o meglio, di famiglia c’è la ricetta della cognà che un tempo si mangiava con la polenta ottofile (varietà antica coltivata in Piemonte), oggi si può portare in tavola con i formaggi o a fianco di un bollito. ”È una antica tradizione per noi gente cresciuta in campagna - aggiunge Vezzoso -. Ogni famiglia a fine stagione raccoglieva quello che restava sugli alberi e preparava una composta. Mia mamma ha sempre usato solo mosto d’uva dolcetto, mele, pere, nocciole e noci. Cinque ingredienti in tutto. Non serve altro. Perché se dobbiamo aggiungere altro vuol dire che le cose che abbiamo in partenza non sono buone e le dobbiamo in qualche modo correggere”.

Nessun prodotto Prunotto nella grande distribuzione, ma una vetrina dedicata su Amazon. “Non ci trovo nessun controsenso - precisa Vezzoso -. Noi confezionamo un prodotto di nicchia, non da supermercato, con tutto rispetto. E il fatto di vendere su Amazon non vuol dire rinunciare alla qualità. Solo la possibilità di allargare la nostra rete di distribuzione. Per quanto riguarda il prodotto, quello resta uguale. Noi facciamo così da 50 anni e non sappiamo fare diversamente. E se più gente vorrà i nostri prodotti, ne faremo di più”.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.