Annuncio pubblicitario

Fidanzati uccisi a Lecce, 21enne confessa

Il killer del giovane arbitro Daniele De Santis e della fidanzata Eleonora Manta, uccisi a coltellate la sera del 21 settembre scorso a Lecce, ha confessato. Si tratta di Giovanni Antonio De Marco, arrestato e interrogato nella notte. “Sì, sono stato io", ha ammesso lo studente davanti al procuratore di Lecce, Leonardo Leone De Castris.

Il 21enne, studente di scienze infermeristiche di Casarano (Lecce), avrebbe agito “con spietatezza e totale assenza di ogni sentimento di pietà verso il prossimo". Secondo quanto si legge nel provvedimento di fermo, De Marco, dopo aver colpito i fidanzati più volte con un coltello, ha inseguito Eleonora e Daniele che tentavano di fuggire, per poi finirli sulle scale della palazzina dove la coppia viveva.

“Li ho uccisi perché erano felici”

“Ho fatto una cavolata - avrebbe detto De Marco agli investigatori -. So di aver sbagliato. Li ho uccisi perché erano troppi felici e per questo mi è montata la rabbia”. “Ma da quanto mi stavate pedinando?" ha poi chiesto il giovane ai carabinieri.

ANNUNCIO PUBBLICITARIO

Antonio De Marco è stato fermato ieri sera alle 22 mentre usciva dall'ospedale dove svolgeva la sua attivita' di studente in scienze infermieristiche, senza opporre resistenza. Il giovane ha confessato, ma resta ancora incomprensibile, a detta degli stessi investigatori, il movente che va cercato, secondo il comandante Dembech scavando nei rapporti che ci sono stati tra De Marco e Daniele ed Eleonora e nella loro convivenza, in "qualcosa che gli ha dato fastidio e che ha covato per 10-15 giorni e che poi è esploso con la volontà di colpire la coppia". Forse "invidia, gelosia per la gioia di vivere e la solarità dei giovani che forse non aveva lui".

VIDEO - Omicidio Lecce, l’inquilino: “Daniele? Lo abbiamo visto crescere”

La dinamica dell’omicidio

De Marco aveva fatto una copia delle chiavi di casa in quanto ex inquilino e, secondo la ricostruzione fatta dagli investigatori, il 21 enne è entrato in casa dove i due giovani stavano cenando e ha sferrato le prime coltellate contro Daniele in cucina. Il giovane aveva preso in fitto una stanza dell'appartamento e per brevi periodi aveva convissuto con la coppia che a volte si fermava a dormire nella casa. Su richiesta del proprietario, Daniele De Santis, il giovane aveva lasciato l'appartamento ad agosto e si era trasferito in un'altra casa sempre a Lecce. Da allora avrebbe cominciato a pianificare l'omicidio.

Il giovane, da quanto si apprende, avrebbe avuto intenzione di immobilizzare, torturare e infine uccidere la coppia, per poi ripulire tutto con detergenti e lasciare una scritta sul muro con un messaggio per la città.

Nella casa dei due fidanzati, gli inquirenti hanno trovato fascette tendi cavi e due bottiglie di candeggina, che dovevano servire a ripulire l’appartamento per non lasciare traccia. Gli investigatori hanno trovato anche alcuni bigliettini persi dall’assassino durante la fuga, su cui erano annotati “con inquietante meticolosità“ dettagli su acqua bollente e candeggina da usare per ripulire la scena del crimine e la mappa con il percorso da seguire per evitare le telecamere.

"Voleva torturare e uccidere"

La premeditazione del delitto risulta comprovata dai numerosi oggetti rinvenuti sul luogo del delitto, in particolare il cappuccio ricavato da un paio di calze di nylon da donna, le striscette stringi tubi, oltre ai cinque foglietti manoscritti di cui sopra.

"La sproporzione tra la motivazione del gesto (potrebbe avere avuto in precedenza una lite) e l'azione delittuosa e' ulteriore elemento tale da fare ritenere che quest'ultima sia stata perpetrata per mero compiacimento sadico nel provocare con le predette modalità la morte della giovane coppia. Non si spiega se non nella direzione di inquadrare l'azione in un contesto di macabra ritualita' la presenza di oggetti non necessari a provocare la morte della giovane coppia (striscette, soda ecc...). A tal riguardo giova altresì evidenziare come sul copricapo sia stata disegnata con un pennarello nero una bocca, quando cio' non risultava necessario all'economia del reato. Tali elementi unitariamente considerati fanno ritenere assai probabile il pericolo di recidiva in considerazione dell'estrema pericolosita' dell'indagato. Lo scrive la pm Maria Consolata Moschettini nel provvedimento di fermo nei confronti del 21enne Antonio De Marco accusato del duplice omicidio dei due fidanzati di Lecce.

"Nonostante le ripetute invocazioni a fermarsi urlate dalle vittime - si legge nel provvedimento di fermo nei confronti del 21enne - l'indagato proseguiva nell'azione meticolosamente programmata inseguendole per casa, raggiungendole all'esterno senza mai fermarsi. La condotta criminosa, estrinsecatasi nell'inflizione di un notevole numero di colpi inferti anche in parti non vitali (il volto di De Santis) e quindi non necessari per la consumazione del reato, appare sintomatico di un'indole particolarmente violenta, insensibile ad ogni richiamo umanitario".

I vicini: “Un ragazzo schivo e timido”

I vicini di casa di Antonio De Marco lo descrivono come "un ragazzo schivo, timido, introverso". La casa in via Sciesa dove abitano i genitori, la madre Rosa e il padre Salvatore, un falegname, è completamente chiusa. Da quanto si apprende l'omicida reo confesso nei giorni seguenti il delitto, e che studia scienze infiermeristiche, avrebbe continuato a frequentare regolarmente le lezioni in ospedale senza restare alcun sospetto.

Il ragazzo “non aveva mostrato alcun segno di squilibrio in passato". Lo ha spiegato il comandante provinciale dei carabinieri di Lecce, Paolo Dembech. "Non abbiamo ancora ascoltato i genitori del ragazzo" arrestato ieri sera, ha aggiunto. L'assassino, ha aggiunto il comandante, è cresciuto in un "contesto familiare normale: il padre, pensionato, cura un appezzamento di terra e la madre è casalinga. Ha una sorella più grande".

L’arma del delitto

L’arma usata per uccidere i due fidanzati è un coltello da caccia acquistato pochi giorni prima il duplice omicidio. È quanto emerso dalle indagini dei carabinieri di Lecce. "L'arma del delitto non è un pugnale da sub, come inizialmente sembrava, ma da caccia. È stato acquistato pochi giorni prima. È stato rinvenuto il fodero ma non il coltello: Antonio De Marco se ne è disfatto buttandolo in discarica, nei rifiuti già raccolti. Si è disfatto anche dello zainetto", ha spiegato il comandante provinciale dei carabinieri di Lecce, Paolo Dembech.

POTREBBE INTERESSARTI ANCHE: Delitto Avetrana, le tappe del caso