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Il declino del portafoglio "60-40"

Nella costruzione del portafoglio di investimento il rischio conta: ecco perché ripensare anche i modelli canonici

Investimenti (Fotolia)

Gli investitori continuano a fare il loro gioco, malgrado le avversità con cui da qualche anno a questa parte sono costretti a confrontarsi: fallimenti di banche, crisi dell’Euro, bolle immobiliari. Tuttavia, come in ogni crisi che si rispetti, anche i modelli classici di investimento sembrano destinati a essere ripensati.

Tra questi spicca il modello di asset allocation “60-40”, che verte su un portafoglio con il 60% investito in azioni,  e un 40% in titoli di governo o altre obbligazioni di elevata qualità, con riequilibrio regolare per mantenere le proporzioni costanti. Un modello non nuovo, reso popolare alla fine degli anni ‘50.

Ma forse è il caso di ripensarlo, avendo questa tipologia di fondi dimostrato di fatto un grande limite: un fondo così bilanciato ha sì un'esposizione 60/40, azioni e obbligazioni, ma la parte azionaria pesa fino al 90% quando si analizza il contributo al rischio. Morale: se i mercati saranno in una fase favorevole, per l’investitore arriveranno ottimi risultati; ma in condizioni contrarie, si rischia molto.

Secondo uno studio di Chris Brightman, responsabile della gestione degli investimenti in Research Affiliates, una società californiana che sviluppa strategie di allocazione, un asset allocation modello 60-40 produrrà un rendimento annuo del 4,4% nel periodo 2011-2020.

E’ una previsione potenziale,  ma certo una delle peggiori se si pensa che nei periodi 1981-1990 e 1991-2000, al contrario, tale strategia avrebbe fruttato rendimenti annuali del 14,3% e 14,4%. Lo riporta Market Watch, rubrica del Wall Street Journal. Se il modello non funziona più, alcuni investitori guarderanno altrove: commodities, valute estere, immobili o anche private equity.

A quali altri modelli si può guardare? C’è chi sostiene l’approccio del celebre analista Harry Browne, teorico del “permanent portfolio”: si rintracciano asset storicamente poco correlati e li si ribilancia mensilmente o trimestralmente. Un modello semplificato è così composto: 25% oro, 25% equity, 25% obbligazioni e 25% cash.

Se il peso di uno dei singoli asset scende sotto la soglia del 15% o supera il 35%, si ribilancia per portare i pesi al 25%.  C’è poi il Norway Model, basato un portafoglio così composto: 60% azioni, 35% obbligazioni e 5% immobili. Non manca però chi pensa che il modello 60-40, ripensato, sopravviverà, poiché resta un potente schema di riferimento per advisor e investitori.

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