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Deflazione, inflazione e i timori degli analisti

L’Italia è in deflazione. Ormai dobbiamo farcene una ragione e prenderne atto. In Europa, invece, si iniziano a vedere la luce in fondo al tunnel? Secondo l’Istat, nel quarto trimestre del 2016 si prevede un aumento del Pil dell'Area Euro pari ad +0,4%. La fase di crescita è attesa proseguire allo stesso ritmo nel corso del primo semestre del 2017.

La domanda interna costituirà il principale motore della crescita. Il miglioramento dei consumi delle famiglie beneficerebbe delle condizioni favorevoli del mercato del lavoro e dell’aumento del potere di acquisto, solo parzialmente limitato dalla ripresa dell’inflazione. Gli investimenti dovrebbero crescere ad un ritmo sostenuto, supportati dalle condizioni favorevoli del mercato del credito.

Sotto l'ipotesi che il prezzo del petrolio Brent rimanga stabile a 56 dollari ar barile e che il tasso di cambio euro/dollaro oscilli intorno 1,05 dollari per euro, l'inflazione è prevista in accelerazione nel periodo di previsione (+0,7% in T4 2016 e +1,5% nei primi due trimestri del 2017).

Guardando all’Italia, invece, a novembre 2016, secondo l’Istat, l'indice destagionalizzato della produzione industriale è aumentato dello 0,7% rispetto ad ottobre. Nella media del trimestre settembre-novembre 2016 la produzione è aumentata dello 0,9% rispetto al trimestre precedente. Corretto per gli effetti di calendario, a novembre 2016 l'indice è aumentato in termini tendenziali del 3,2% (i giorni lavorativi sono stati 21 come a novembre 2015). Nella media dei primi undici mesi dell'anno la produzione è cresciuta dell'1,3% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.

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L'indice destagionalizzato mensile presenta variazioni congiunturali positive nei raggruppamenti dell'energia (+2,4%), dei beni intermedi (+1,1%) e dei beni strumentali (+0,8%); diminuiscono invece i beni di consumo (-0,9%).

In termini tendenziali gli indici corretti per gli effetti di calendario registrano una marcata variazione positiva nel comparto dell'energia (+10,6%); aumentano anche i beni strumentali (+3,9%) e i beni intermedi (+2,4%) mentre una variazione negativa segnano i beni di consumo (-0,1%).

Ma se l’industria tira, altro discorso sono le tasche degli Italiani. Il Misery Index Confcommercio di novembre 2016 si è attestato su un valore stimato di 19,4 punti, in aumento di cinque decimi di punto rispetto a ottobre, consolidando la tendenza all'ampliamento dell'area del disagio sociale in atto dalla primavera del 2016. Il peggioramento rilevato è imputabile in larga parte alla componente relativa all'inflazione, a cui si è associato un modesto aumento della disoccupazione ufficiale. Tale evoluzione è stata determinata da una maggiore partecipazione al mercato del lavoro di coloro che in passato erano stati meno attivi nella ricerca di un'occupazione e che oggi intravedono maggiori possibilità di trovare un lavoro.

A novembre il tasso di disoccupazione si è attestato all'11,9%, in aumento di un decimo di punto rispetto ad ottobre e di quattro decimi nel confronto annuo. Il numero di disoccupati è aumentato di 57mila unità su base mensile e 165 nel confronto con l'analogo mese del 2015, sottintendendo una maggiore partecipazione al mercato del lavoro di una parte degli scoraggiati. Il numero di occupati è aumentato di 19mila unità rispetto al mese precedente e di 201mila nei confronti di novembre del 2015.

Nello stesso mese le ore di CIG autorizzate hanno registrato un'ulteriore riduzione su base annua (-27,5%). A questa tendenza fa eccezione la CIG ordinaria che risente del confronto con un periodo in cui era in atto il blocco delle autorizzazioni.

Sulla base di questa stima si è calcolato che le ore di CIG effettivamente utilizzate – destagionalizzate e ricondotte a ULA – siano diminuite, a novembre, di 2mila unità su base mensile e di 46mila su base annua. Più intesa è la diminuzione degli scoraggiati, con un calo di 4mila unità in termini congiunturali e di 92mila unità su base annua. Il combinarsi di queste dinamiche ha comportato un aumento di un decimo di punto del tasso di disoccupazione esteso.

Ricordiamo che un contesto economico stabile favorisce prestiti, investimenti e consumi. Tuttavia, la stabilità non è facilmente quantificabile e dipende in larga misura da come viene percepita a livello soggettivo. E l'instabilità e incertezza? Credit Suisse (IOB: 0QP5.IL - notizie) ha analizzato le condizioni dell'incertezza e i suoi effetti sui mercati.

Un criterio oggettivo per la misurazione della stabilità è dato dall’indice dell’incertezza politico-economica. Per ottenerlo, ogni mese un gruppo di economisti conta nei principali giornali di un paese il numero di articoli che presentano i termini «economico» e «incerto» in combinazione con almeno una parola a sfondo politico, come «iniziativa», «Parlamento» o «Banca nazionale».

Il Credit Suisse ha creato un indice dell'incertezza politico-economica per i media svizzeri di lingua tedesca e francese. Se ne deducono due osservazioni: in primo luogo, negli ultimi cinque anni il numero mensile delle notizie in tema di incertezza politico-economica è significativamente aumentato. In secondo luogo, dal 2011 si verificano con cadenza quasi annuale eventi politici che alimentano l'incertezza. Gli ultimi tre grandi eventi di questo tipo, ovvero l'approvazione dell'iniziativa contro l'immigrazione di massa (IIM), l'abolizione del tasso di cambio minimo da parte della Banca nazionale svizzera e la decisione relativa alla Brexit in Gran Bretagna, hanno fatto scaturire fiumi di articoli che si occupavano dei fattori di incertezza per l'economia svizzera.

Questi fattori di incertezza si ripercuotono sul sentiment di analisti finanziari, consumatori e imprese.

Autore: Volcharts.com Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online