Dimissioni Zingaretti, Base riformista non affonda il colpo. Incontro Guerini-Franceschini

Tra i primi ad essere spiazzato dallo strappo di Nicola Zingaretti c’è il ministro della Cultura Dario Franceschini, capo della delegazione Dem al governo, che in questi giorni si è inabissato silenziosamente tentando al contempo di evitare quello che poi è accaduto. Anche attraverso un incontro riservato, ieri mattina al ministero della Difesa, per convincere Lorenzo Guerini, il più agguerrito avversario interno del segretario, ad abbassare i toni e ricomporre la tela dell’unità di partito. Il durissimo – e irrituale - post su Facebook del segretario ha però interrotto il percorso. E adesso, la partita si fa più complicata.
In queste ore difficilissime per il Pd, mentre si moltiplicano le richieste a Zingaretti di ritirare le dimissioni, la parola chiave è un avverbio: unitariamente. Tutti insieme. Lo dicono gli uomini chiave del partito, a partire dal vice-segretario e ministro Andrea Orlando: “È comprensibile l’amarezza di Zingaretti. Credo che la sua scelta implichi e richieda uno scatto e una risposta unitaria, e unitariamente bisogna chiedergli di ripensare la sua decisione”. Lo auspica Luigi Zanda: “L’assemblea respinga le dimissioni all’unanimità”. Lo ribadisce Franceschini, evocando la “responsabilità” di fronte alla pandemia: “Accantonare ogni conflittualità interna, ricomponendo una unità vera del partito attorno alla sua guida”.
La traduzione è facile: per sanare la ferita sanguinante – ammesso e non concesso che ci si riesca - bisogna passare per Base Riformista, il “correntone” con cinquanta parlamentari che fa capo a Guerini e Luca Lotti e che ha sferrato l’offensiva al segretario minacciando di uscire dalla segreteria e dalla gestione collegiale del Nazareno in assenza di un’anticipazione del congresso rispetto al 2023. Come si comporter&agra...
Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.