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Draghi come l'acqua, riempie il vuoto dei partiti

Italy's Prime Minister Mario Draghi arrives for the EU-Western Balkans summit at Brdo Congress Centre, near Ljubljana on October 6, 2021. - Western Balkan countries can expect reassurances but no concrete progress on their stalled bids for European Union membership when EU leaders meet today. (Photo by Joe Klamar / AFP) (Photo by JOE KLAMAR/AFP via Getty Images) (Photo: JOE KLAMAR via Getty Images)

In politica, e ovviamente fra chi la politica la osserva e la racconta ossia noi giornalisti, da che mondo e mondo l’attenzione massima viene riservata a chi conquista il potere, al fine di descrivere il modo in cui esso viene esercitato nonché per misurarne e denunciarne eventuali eccessi o abusi. Cosa peraltro sana e fisiologica perché fa parte di quel meccanismo di contrappesi che caratterizzano ogni sistema democratico. Ebbene, di solito la stessa attenzione non viene riposta sul movimento inverso: raramente viene analizzata la dinamica della cessione del potere da uno o più soggetti fino a quel momento legittimati per farlo.

Passando dall’astratto al concreto, qui proveremo a raccontare come i partiti italiani abbiano, per necessità o per incapacità, ceduto a Mario Draghi la prerogativa che ne legittima l’esistenza: l’iniziativa politica che poi si traduce in norme e leggi. Il caso della manovra economica appena portata in Consiglio dei ministri è esemplare: il provvedimento più importante dell’anno, quello che caratterizza ogni maggioranza parlamentare, quello che dà un deciso indirizzo alla politica economica di un paese, è stato deciso quasi in perfetta solitudine dal premier. I partiti hanno poco o nulla toccato palla. E questo non per un qualche istinto tirannico e dittatoriale dell’ex governatore della Bce ma per default conclamato delle formazioni politiche. Del resto, alla fine Draghi si comporta un po’ come l’acqua: riempie il vuoto che trova sulla propria strada.

I partiti nell’ultimo mese si sono infatti concentrati quasi esclusivamente sulla campagna elettorale, tutti presi dalla lotta conclamata, fra coalizioni, per conquistare più comuni possibili, e da quella meno strombazzata ma perfino più vitale, all’interno delle coalizioni, per rubare un punto percentuale all’alleato di turno. Nel frattempo il premier ha confezionato una manovra di bilancio da 23 miliardi che conterrà dei provvedimenti che non solo impattano fortemente sulla vita di milioni di italiani (vedi alla voce taglio delle tasse) ma che sono anche politicamente sensibili (vedi alla voce Quota 100 per la Lega, Reddito di cittadinanza per M5s, ammortizzatori sociali per il Pd) decidendo per lo più in solitaria, al netto di contatti informali da minimo sindacale fra Tesoro e responsabili economici dei singoli partiti. Ne è un esempio la tempistica con cui il Documento di programmazione e bilancio è stato chiuso: l’ultima messa a punto è avvenuta ieri pomeriggio - mentre i leader di maggioranza s’accapigliavano nel rivendicare vittorie o rimuovere sconfitte elettorali - ed è avvenuta senza delle vere e proprie messe a punto formali. Unica riunione tenuta è quella della cabina di regia di stamattina e anche questa è stata alquanto sbrigativa: un’ora e mezza di confronto, senza peraltro che il ministro dell’Economia Franco svelasse il dettaglio delle cifre sulle singole misure, al termine della quale è stato subito convocato il Cdm per approvare il documento, con i partiti ritrovatisi sostanzialmente afoni. In altri tempi il dibattito su come fare la manovra e quanto deficit prevedere sarebbe partito due mesi prima e avrebbe riempito le pagine politiche dei giornali per una quantità indefinita di giornate.

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Se i partiti stanno male, tuttavia le parti sociali non stanno meglio. A dispetto del tanto sbandierato Patto per l’Italia, sindacati e industriali non sono stati coinvolti nel processo decisionale della manovra, nonostante sia gli uni che gli altri vedono declinare lì dentro alcune loro battaglie storiche, come la riforma fiscale o quella degli ammortizzatori sociali. Un incontro ci sarà, certo, ma avverrà nei prossimi giorni e a valle di decisioni già prese. Anche le parti sociali, del resto, si trovano sempre più a fare i conti con un’apparentemente ineluttabile erosione di potere. O meglio, con la forma dell’acqua.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.

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