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Draghi stringe l'intesa con i sindacati sul decreto infortuni, ma il Patto si ferma qui

ROME, ITALY - 2021/09/23: The president of the Council of Ministers Mario Draghi speaks at the annual conference of Confindustria, at the Palazzo dello Sport.
Confindustria, is the Italian employers' federation and national chamber of commerce. (Photo by Vincenzo Nuzzolese/SOPA Images/LightRocket via Getty Images) (Photo: SOPA Images via Getty Images)

“Oggi parliamo di sicurezza e salute”. Bastano sei parole a Mario Draghi per fare capire ai leader di Cgil, Cisl e Uil che quella che sta per iniziare a palazzo Chigi non è la discussione sul perimetro del Patto sociale per l’Italia che ha lanciato giovedì scorso dal palco dell’assemblea di Confindustria. E infatti per un’ora si parla del decreto che il Governo sta preparando per rafforzare la sicurezza nei luoghi di lavoro. La discussione vira subito sui contenuti e così la dimensione del fare del premier si incastra con quella delle risposte concrete che ha accompagnato l’ingresso alla riunione dei tre sindacalisti. Tutti d’accordo, c’è l’intesa. Poi al tavolo dove siedono anche il sottosegretario Roberto Garofoli e i ministri Andrea Orlando e Renato Brunetta si parla per altri quindici minuti. Maurizio Landini, Luigi Sbarra e Pierpaolo Bombardieri chiedono informazioni e incontri sui temi divisivi, dalle delocalizzazioni alle pensioni. Dall’altra parte del tavolo si comprime tutto in un “ci rivedremo presto”.

Quando il leader della Cgil parla fuori da palazzo Chigi è evidente che le aspettative non sono andate deluse del tutto. Incassa “le prime risposte importanti” sul tema della sicurezza e anche “l’impegno nei prossimi giorni ad
ulteriori convocazioni per entrare nel merito delle altre questioni”. Il rischio era quello di un incontro di routine, senza aggiornamenti, tra l’altro non facile essendo il primo faccia a faccia con il premier dopo l’accoglienza più che tiepida dell’idea del Patto. Ma il decreto sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, condito da un clima di condivisione, non inaugura quella svolta di Governo, nel merito oltre che nel metodo, auspicata da tutto il fronte sindacale. La delega fiscale è in fase di rifinitura al Tesoro e Draghi, scortato dal fedelissimo Garofoli, spiega che sarà ad ampio respiro, facendo capire che non ci metterà mano nessuno. La Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza, il primo atto della lunga stagione del bilancio, sarà approvata dal Consiglio dei ministri mercoledì, con la concessione di un passaggio formale in cabina di regia. Le norme sulle delocalizzazioni sono finite in mano al consulente Francesco Giavazzi e lì sono state più che annacquate. La manovra non sarà la cuccagna di partiti e sindacati perché i soldi sono pochi.

Le porte di palazzo Chigi resteranno aperte, ci sarà un passaggio con i sindacati anche sulla legge di bilancio, ma non c’è un calendario come auspicava Landini. Soprattutto non c’è la volontà del premier di affogare la tabella di marcia nelle secche di una concertazione che rischia di tramutarsi in discussioni e veti. Insomma mettersi d’accordo su un tema come è quello della sicurezza sul lavoro era più che agevole, non scontato perché i contenuti fanno la differenza, ma sicuramente in discesa. Se poi i contenuti, come è stato, guardano alle rivendicazioni di Cgil, Cisl e Uil, tirare su un clima cordiale si è rivelato ancora più facile. Come non essere sulla stessa lunghezza d’onda quando in ballo c’è un decreto che istituirà una banca dati sugli infortuni per agevolare i controlli e che prevederà anche l’accelerazione per assumere duemila ispettori, oltre a una linea dura in caso di violazioni delle norme di sicurezza, con la sospensione dell’attività fino a quando l’imprenditore non si metterà in regola?

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Quando si passa ai licenziamenti, alle pensioni e a tutti gli altri dossier spinosi le cose si mettono diversamente. E infatti di questi temi non se ne è parlato. Anche il fuori programma che Draghi si è concesso, garantendo ai sindacati che saranno coinvolti nell’operatività del Recovery, risponde più a un’esigenza di efficienza della programmazione, in questo caso che tutti remino nella stessa direzione e velocemente, che a un’assegnazione di un potere decisionale in capo alle parti sociali. Sul tavolo di palazzo Chigi resta la disponibilità del Governo a un confronto preventivo. Il minimo sindacale si potrebbe dire. In attesa che l’agenda Draghi arrivi alle scadenze prefissate basta questo al Governo. E basta questo anche ai sindacati, timorosi di ritrovarsi fuori da palazzo Chigi nel momento in cui la grande questione del lavoro chiederà risposte e impatterà sugli equilibri di consenso con i lavoratori. Ma il Patto ancora non si vede.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.