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ECONOMICA - Cdp verso partnership con esteri per entrata in aziende familiari

di Luca Trogni

MILANO (Reuters) - Entrare con forza nelle aziende familiari in alleanza con partner internazionali. Con l'obiettivo di favorirne il salto dimensionale e un passaggio generazionale senza traumi.

Nel piano industriale che la Cassa Depositi e Prestiti si prepara a varare il prossimo 17 dicembre una parte importante sarà dedicata al ruolo della Cdp nel ramificato sistema industriale nazionale.

Considerando le imprese con oltre 50 milioni di ricavi annui, in base ai dati dell'osservatorio Aub dell'università Bocconi, vi è una prevalenza delle aziende a controllo familiare - circa 4.000 - rispetto a quelle con altre forme di azionariato, circa 3.000.

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Si tratta di un sistema di imprese familiari tanto radicato quanto in difficoltà nella delicata fase della transizione generazionale. "Il 22,6% dei leader ha più di 70 anni (e un altro 24,6% supera i 60) e solo il 5,3% meno di 40, con le aziende gestite dai più anziani che registrano un Roe inferiore di 0,8-1,2 punti rispetto alla media e quelle gestite dai più giovani che hanno un risultato migliore di 1,9-2 punti", sottolinea l'osservatorio Aub nel suo ultimo rapporto.

Il passaggio è cruciale. Il controllo di una industria storica come l'Ariston-Indesit di Fabriano è passato a una concorrente estera non solo per le difficoltà finanziarie ma anche per le visioni contrastanti tra i figli di Vittorio Merloni sul futuro dell'azienda. Nel solo 2015 non sono stati ceduti all'estero solo colossi come Italcementi e Pirelli ma anche aziende della fascia medio o piccola come la società di climatizzazione DeLclima piuttosto che il produttore di sistemi di riscaldamento Emmeti, quello di ascensori Sematic o i gelati Grom, più noti al grande pubblico. I settori con forte presenza familiare da mantenere in Italia sono numerosi dalla meccanica al farmaceutico, dalla componentistica per auto al food specializzato.

In questo quadro la Cdp versione Costamagna punta a potenziare e portare in borsa società a controllo familiare e per questo ridefinirà il profilo del Fondo Strategico Italiano, nato nel 2011 come reazione all'acquisto della Parmalat risanata, di Bulgari ed Edison da parte di soggetti franceci, rispettivamente Lactalis, Lvmh ed Edf. Fsi controllerà direttamente solo le quote delle società realmente strategiche e acquistate su richiesta del governo, ultimo esempio il 12,5% di Saipem. A fianco di questo sarà a capo di un nuovo fondo 'equity growth' in cui entreranno società di minori dimensioni in cui il gruppo Cdp intende avere una presenza temporanea. E' il caso, guardando alle operazioni del passato, di Sia, Kedrion e Valvitalia - le due ultime aziende a controllo familiare attive nei prodotti derivati dal plasma e nella produzione di valvole ad alto contenuto tecnologico - per le quali Fsi, dopo una permanenza nell'azionariato di qualche anno, prevede la quotazione in borsa nel corso del 2016.

Il progetto per il futuro prevede inoltre di farsi accompagnare da partner internazionali che, come spiegato recentemente dal presidente Cdp Claudio Costamagna, "oggi come non succedeva da 20 anni", sono interessati a investire in Italia. E' d'aiuto in questo progetto in primo luogo la crisi dei paesi emergenti che spinge a cercare nuove aree di investimento, ma anche il ritorno alla crescita dell'economia italiana.

In questo quadro la Cassa svolgerà verso l'alleato estero un ruolo di garante della bontà dell'operazione e allo stesso tempo metterà a disposizione della società in questione non solo impegno economico, ma anche competenze in materia manageriale e di governance. "Gli esteri possono studiare, essere pronti ad investire ma avere di fianco la Cdp può fornire una cornice, semi-istituzionale, di garanzia rispetto alle diffidenze verso le regole italiane" spiegano da uno studio legale che assite investitori esteri.

Costamagna scommette sul grande potenziale di crescita - "Piazza Affari può raddoppiare il numero delle società quotate" - ma si deve confrontare con imprese familiari che vedono nell'autosufficienza un motivo di efficienza e di velocità nel processo decisionale.

"Nel nostro caso l'entrata di un socio per la gestione ordinaria non serve. Ha un senso se si hanno progetti che richiedono una finanza straordinaria", spiega Alberto Balocco, amministratore delegato dell'azienda dolciaria familiare giunta alla terza generazione. Nel cda a tre componenti al suo fianco sono sorella e cognato. Il fatturato annuo è di 170 milioni, più che raddoppiato dal 2007.

Simbolicamente al fianco del progetto della Cdp la Banca d'Italia che da anni lamenta come in Italia le imprese oltre a nascere mediamente più piccole faticano a espandersi per la carenza di investitori, importanti per innovazione e posizionamento produttivo e commerciale.

Secondo Guido Corbetta, docente dell'università Bocconi specializzato in imprese familiari, "la proposta della Cdp è interessante anche se c'è un'impostazione culturale degli imprenditori familiari che non va in questa direzione".

"Per il 2016 vedo dai 10 ai 20 soggetti in grado di entrare un fondo growth equity" aggiunge.

A meno che i prossimi cambi generazionali non riservino delle sorprese.

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