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Per rilanciare la competitività il Governo inquina l'ambiente

Bonifiche cancellate per decreto e aree militari equiparate a quelle industriali

Se il problema non può essere risolto, meglio far finta che non esista. Sembra essere questo il ragionamento che ha portato all’ultima revisione normativa in tema di rifiuti inquinanti, secondo quanto rilevato dalle associazioni ambientaliste.

Aree militari a rischio
Il settimanale racconta la vicenda dei siti militari (circa 50 mila ettari in tutta Italia), molti dei quali sono ad alto tasso di inquinamento per la presenza di metalli pesanti. In alcuni casi, la situazione è anche peggiore con la presenza di sostanze radioattive (come l’uranio impoverito) che possono avere conseguenze letali sulla salute umane e che sarebbero all’origine di numeri tumori che hanno colpito i militari italiani negli anni. Di fronte a queste situazioni, non vi sarebbe alternativa alle bonifiche, anche se il condizionale è d’obbligo alla luce dei costi richieste per condurre in porto operazioni simili. Così il decreto legge Competitività ha deciso di eliminare il problema alla radice, equiparando i valori consentiti nei siti militari a quelli delle aree industriali. Un trucco che consentirà di tollerare livelli di inquinamento particolarmente elevati in aree per lo più verdi.

Cosa dice la legge
L’articolo 13, comma 5 del decreto Competitività, sottolinea che per le zone militari “si applicano le concentrazioni di soglia di contaminazione di cui alla Tabella 1, colonna b, dell’allegato 5, alla Parte IV, Titolo V” del Codice dell’Ambiente. Così, per fare qualche esempio, nelle aree a verde la soglia per il Cobalto è 20 mg/kg mentre per le aree industriali è 250 mg/kg, più di 10 volte, mentre nel caso del tetracloroetilene, un altro sospetto cancerogeno e tossico per il fegato, il limite è 40 volte più alto. Una soluzione poco reclamizzata, ma che potrebbe avere impatti molto negativi sulla salute dei luoghi e delle persone.

Silenzio-assenso a maglie larghe
Le critiche delle associazioni ambientaliste al provvedimento normativo non si esauriscono qui. In particolare, Peacelink contesta un’altra previsione dell’art.13, secondo cui, “ultimati gli interventi di bonifica, l'interessato presenta il piano di caratterizzazione all'autorità […] al fine di verificare il conseguimento dei valori di concentrazione soglia di contaminazione per la specifica destinazione d'uso. Il piano è approvato nei successivi quarantacinque giorni. In via sperimentale, per i procedimenti avviati entro il 2017, decorso inutilmente il termine di cui al periodo precedente, il piano di caratterizzazione di intende approvato”. Un criterio di silenzio-assenso che rischia di prestare il fianco ai furbi.