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Energia, italiana Eps rinuncia a Piazza Affari, punta a investire, no cedola

di Giancarlo Navach

MILANO (Reuters) - La quotazione a Milano non è più un obiettivo per Eps, la società nata da uno spin off dei Politecnici di Milano e Torino, attiva nei grandi sistemi di accumulo di energia, finita nell'orbita del colosso francese Engie che l'ha sfilata ad altri big dell'energia lo scorso dicembre.

A fine anno Electro Power Systems dovrebbe più che raddoppiare i ricavi in un range fra 20 e 30 milioni di euro e giungere al break even. All'orizzonte non c'è la distribuzione del dividendo per gli azionisti perché la priorità sono gli investimenti.

In un'intervista a Reuters, l'AD, Carlalberto Guglielminotti, 35 anni, spiega le prospettive della società che ha sede e dipendenti in Italia -- circa un centinaio fra Torino, Milano e la Valtellina -- ma è quotata all'Euronext di Parigi. Un altro esempio di azienda italiana controllata dalle concorrenti d'oltralpe.

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"A seguito del successo dell'aumento di capitale da 30 milioni di euro, Engie è salita al 61% del capitale, mentre il resto è in mano a fondi di investimento americani, inglesi e italiani. Facendo parte di un grande gruppo, oggi ha poco senso la quotazione anche a Milano. Avremmo potuto farlo all'inizio, ma non è stato possibile perché essendo all'epoca una start-up avremmo avuto accesso solo all'Aim, mentre a Parigi ci siamo quotati subito sul segmento regolamentato", sottolinea Guglielminotti.

Engie ha rilevato il 51% del capitale di Eps, per un enterprise value di 108 milioni, dai tre soci di maggioranza al termine di un processo competitivo a cui hanno partecipato, secondo alcune fonti, anche Terna ed Edison alla fine dello scorso anno. La conseguente Opa lanciata a marzo avrebbe potuto concludersi con il delisting del titolo, ma non si è concretizzato perché ha aderito solo il 2% del capitale, al netto del 7% detenuto dalla Bei, che ha monetizzato con successo nell'Opa l'operazione di investimento da 30 milioni fatta poco meno di un anno prima.

Il titolo capitalizza 145 milioni in Borsa. Quotato a 7,3 euro ad aprile 2015, oggi vale 11,4 euro.

Numerosi i clienti di Eps in giro per il mondo. Con Terna ed Enel la società ha una partnership storica e collabora con entrambe per realizzare le cosiddette "Smart Island" che prevedono la sostituzione della produzione di energia elettrica, oggi ancora a gasolio in tutte le isole italiane e sussidiata in bolletta, con l'utilizzo dell'energia prodotta da fonte rinnovabile più accumulo. "In questo modo è possibile ridurre drasticamente i generatori a diesel e sostituirli con fotovoltaico, eolico e batterie per produrre energia pulita. Il nostro mestiere è costruire impianti che uniscano rinnovabili e accumulo, trasformando una fonte energetica intermittente in energia stabile 24 ore al giorno e a un costo molto più basso", spiega il manager.

L'azienda, con sistemi installati in 21 Paesi, ha obiettivi ambiziosi: "Da qui a fine anno alimenteremo più di mezzo milione di persone con le nostre microreti composte da fonti rinnovabili e stoccaggio di energia".

Quanto ai risultati, il 2017 si è chiuso con ricavi pari a 10 milioni e "backlog" di ordini per oltre i 25 milioni. "Nel 2018 gli analisti si attendono ricavi più che raddoppiati fra 20-30 milioni. Quanto all'utile, gli analisti si attendono che questo sia l'anno del break even", dice Guglielminotti, che appare fiducioso sul raggiungimento di questi numeri.

Infine, il manager smorza qualsiasi attesa di distribuzione della cedola: "Siamo una eccellenza tecnologica italiana e sono convinto sia prioritario continuare ad investire e posizionarsi sul mercato, sarebbe sbagliato fermare la macchina della crescita per distribuire una cedola".