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Eni-Nigeria, PG rinuncia ad appello, assoluzioni sono definitive

Il logo Eni presso una stazione di servizio a Roma

MILANO (Reuters) -La corte d'appello di Milano ha preso atto della decisione della procura generale, all'avvio del processo di secondo grado sulle presunte tangenti Eni e Shell in Nigeria, di rinunciare all'appello contro la sentenza del Tribunale che aveva assolto le due società e tutti gli imputati, fra i quali l'AD Claudio Descalzi.

Le assoluzioni diventano così definitive, e l'appello proseguirà solo per gli aspetti civili, visto che la Nigeria ha impugnato la sentenza di assoluzione come parte civile chiedendo un risarcimento. Le prossime udienze sono state fissate al 19 e 30 settembre.

La PG Celestina Gravina nel suo intervento all'inizio dell'udienza ha detto fra l'altro che "questo processo deve finire oggi perché non ha fondamento, anzi sarebbe dovuto finire prima". Aggiungendo che nei motivi di appello del pm manca "forza persuasiva".

In una nota, Eni sottolinea di avere "appreso con grande soddisfazione della rinuncia all’appello da parte della Procura Generale, pronunciata innanzi alla II sezione della Corte d’Appello di Milano, che, prendendone atto, ha sancito la fine della immotivata e sconcertante vicenda giudiziaria penale riferita alla concessione OPL 245 in Nigeria".

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Nel novembre scorso la procura generale stessa aveva già reso definitiva l'assoluzione in appello di due intermediari in un processo separato legato alla stessa vicenda, respingendo la richiesta di ricorso in Cassazione presentata dal governo nigeriano.

Se talvolta accade che la procura generale chieda il proscioglimento degli imputati al termine di un processo d'appello, fonti legali e giudiziarie dicono invece che la rinuncia alla celebrazione stessa del processo di secondo grado è un fatto senza precedenti nel distretto giudiziario di Milano.

LEGALE DESCALZI: FRANTUMATA ACCUSA. NIGERIA: ATTO INUSITATO

L'avvocato Paola Severino, difensore di Descalzi, ha commentato al termine dell'udienza l'intervento della PG dicendo che "ha frantumato completamente l'accusa".

"Credo sia un messaggio forte arrivato oggi in aula: la

giustizia può essere magari lenta ad arrivare, ma quando arriva deve essere dichiarata immediatamente", ha detto ai giornalisti.

Dopo Gravina, di segno opposto è stato l'intervenuto in aula del legale di parte civile che rappresenta la Nigeria, l'avvocato Lucio Lucia che ha esordito definendo una "decisione inusitata" quella della procura generale.

"Non ho sentito dal PG nulla che avesse a che fare con le prove del processo", ha detto l'avvocato, sostenendo poi che il tribunale di Milano "non ha valutato le tante prove documentali", depositate agli atti fermandosi solo a quelle dichiarative nel motivare la sua sentenza di assoluzione pronunciata del marzo 2021.

Il legale ha concluso chiedendo una provvisionale da 1,092 miliardi di dollari e ha confermato che la Nigeria agirà in sede civile.

A impugnare l'assoluzione decisa dal Tribunale di Milano il 17 marzo 2021 era stata la procura (un ufficio diverso rispetto alla procura generale, che non svolge indagini e semplicemente rappresenta l'accusa in aula nei processi d'appello), insieme al governo nigeriano.

Nel marzo dello scorso anno il Tribunale presieduto dal giudice Marco Tremolada aveva assolto "perché il fatto non sussiste" le due società e tutti gli imputati fra i quali Descalzi, l'ex AD Paolo Scaroni e quattro ex dirigenti di Shell, dall'accusa di aver pagato 1,092 miliardi di dollari di tangenti su 1,3 miliardi di dollari versati su un conto del governo di Abuja per lo sfruttamento del giacimento Opl-245 nel 2011.

I fatti contestati andavano da fine 2009 al 2014.

Eni e Shell avevano espresso la loro soddisfazione per la sentenza in due note separate, mentre la Nigeria in un comunicato si era detta delusa, aggiungendo che avrebbe atteso le motivazioni del verdetto per decidere il da farsi.

Gli imputati hanno sempre respinto le accuse, sottolineando che il prezzo dell'acquisto fu versato su un conto ufficiale del governo e che il successivo trasferimento di oltre un miliardo su altri conti era al di fuori della sfera d'influenza delle società acquirenti.

Il 10 giugno scorso, la procura di Brescia ha chiesto il rinvio a giudizio per rifiuto di atti d'ufficio nei confronti dei due pm milanesi che hanno rappresentato l'accusa nel processo principale sulle presunte tangenti Eni e Shell in Nigeria.

(Emilio Parodi, editing Gianluca Semeraro, Andrea Mandalà)