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Eni-Nigeria, procura Milano chiude primo ramo inchiesta depistaggio

Il logo Eni presso la sede di San Donato Milanese

MILANO (Reuters) - La procura di Milano ha chiuso un primo parziale filone dell'inchiesta sul cosiddetto presunto depistaggio da parte di ex funzionari Eni all'interno delle più ampie indagini milanesi sul caso dela presunta corruzione in Nigeria, concluse poi nel processo terminato con l'assoluzione della società petrolifera e di tutti gli imputati il 17 marzo.

Lo si evince dall'avviso di conclusione delle indagini, che Reuters ha potuto leggere, in cui la procura contesta il reato di concorso in calunnia a sei persone, fra le quali l'ex manager Eni Vincenzo Armanna, l'ex legale esterno dell'Eni Piero Amara e l'ex direttore degli affari legali dell'Eni Massimo Mantovani.

L'atto di chiusura inchiesta è il passo che di norma precede la presentazione da parte della procura delle richieste di rinvio a giudizio.

Armanna è un ex dirigente contemporaneamente imputato e accusatore dei vertici Eni nel processo concluso con l'assoluzione generale.

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Amara è l'avvocato accusato di aver elaborato i dossier presentati alle procure di Trani e Siracusa per denunciare un falso complotto ai danni dell'AD di Eni Claudio Descalzi. Il legale, già condannato due volte per corruzione giudiziaria (un patteggiamento e una sentenza di condanna), attualmente è agli arresti nell'ambito di un'altra inchiesta condotta dalla procura di Potenza sull'ex Ilva.

Mantovani è l'allora dirigente apicale che secondo la procura sarebbe stato ai vertici di questa operazione di presunto depistaggio.

Armanna e Amara sono anche al centro dell'indagine che la procura di Brescia sta conducendo sui due pm che hanno rappresentato l'accusa nel processo Eni-Nigeria.

L'INCHIESTA PRINCIPALE

Questo per l'ipotesi di reato di calunnia è solo un tassello del fascicolo principale sul presunto depistaggio delle inchieste milanesi sul gruppo, e riguarda in particolare un'ipotesi di calunnia per il tentativo di far incolpare di infedele patrocinio l'allora (nel 2017) avvocato di Armanna, Luca Santa Maria, e, si legge nell'atto, "di creare le condizioni per un procedimento disciplinare nei confronti del pm Fabio de Pasquale".

I legali dei tre indagati non hanno commentato. Tutti e tre hanno comunque sempre respinto le accuse.

La procura ha dovuto chiudere questo primo filone parziale del fascicolo generale, perché l'avvocato Santa Maria (che quattro anni fa aveva dato avvio a questa parte dell'indagine presentando una denuncia per diffamazione) aveva chiesto nei giorni scorsi alla Procura generale della corte di appello di Milano di avocare l'inchiesta per accelerare i tempi.

Resta aperto il fascicolo principale sul presunto depistaggio che vede indagata anche Eni come persone giuridica e il fascicolo sull'ipotesi di truffa per un tentativo di contrabbando di petrolio, di cui il gruppo Eni fu vittima.

Eni ha sempre ribadito di ritenersi parte offesa in tutta la vicenda.

(Emilio Parodi, in redazione a Roma Giselda Vagnoni)