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Eolico off shore al posto del carbone, l’Italia prova a disegnare l’accelerazione green

YANGJIANG, CHINA - JULY 12: Aerial view of the construction site of an offshore wind farm, invested by China Three Gorges Renewables (Group) Co., Ltd, on July 12, 2021 in Yangjiang, Guangdong Province of China. (Photo by Liang Wendong/VCG via Getty Images) (Photo: VCG via Getty Images)
YANGJIANG, CHINA - JULY 12: Aerial view of the construction site of an offshore wind farm, invested by China Three Gorges Renewables (Group) Co., Ltd, on July 12, 2021 in Yangjiang, Guangdong Province of China. (Photo by Liang Wendong/VCG via Getty Images) (Photo: VCG via Getty Images)

Una centrale a carbone che con un colpo di bacchetta magica si trasforma in un parco eolico galleggiante senza occupare un metro quadrato di suolo. Non è la solita Danimarca pioniera del vento né la Germania dei grandi impianti nel Mare del Nord. È il Lazio che ha progettato di cancellare una centrale a carbone sostituendola con 270 megawatt di eolico offshore a 25 chilometri dalla costa. Integrando il sistema con il fotovoltaico e con la filiera dell’idrogeno verde. Secondo Roberta Lombardi, assessora alla Transizione Ecologica della Regione Lazio, “questo primo nucleo impiegherebbe fino a 540 persone per le fasi di sviluppo e l’indotto, con la possibilità di un ampliamento fino a 1 gigawatt per complessivi mille posti di lavoro. L’alternativa erano i 40 posti di lavoro legati alla centrale a gas da 1,2 gigawatt, in sostituzione di quella a carbone”.

E’ un’immagine che aiuta a capire. Perché le migliaia di miliardi di dollari in gioco, gli enormi flussi di investimenti globali in potenziale riconversione green evocati da Mario Draghi al G20 e a Glasgow, sono una dimensione difficile da mettere a fuoco e carica di incertezza. Ma il Next Generation Eu ha una concretezza immediata. E’ qui e ora. A patto di saperlo utilizzare. Cosa potrebbe cambiare in Italia con la spinta ulteriore verso la transizione ecologica che la conferenza sul clima di Glasgow sta imprimendo? Quante operazioni come quella progettata nel Lazio si potrebbero fare?

“Molte, perché tre quarti delle emissioni serra in gioco dipendono dal settore energetico, dunque da qui conviene partire”, risponde Agostino Re Rebaudengo, presidente di Elettricità Futura, la principale associazione del mondo elettrico italiano. “E dobbiamo metterci d’accordo con noi stessi. Da una parte invochiamo obiettivi di salvaguardia climatica sempre più stringenti e dall’altra esitiamo a prendere decisioni che sono a portata di mano come il via libera alle rinnovabili. E’ bello e giusto dire che la temperatura globale non deve superare un aumento di 1,5 gradi rispetto all’era pre industriale, ma questa soglia è molto vicina: se non cambiamo rapidamente passo tra poco più di dieci anni la supereremo”.

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Del resto la velocità di crescita della temperatura non è uniforme: ci sono zone del pianeta che si scaldano più velocemente e il Mediterraneo è una di queste. In Italia l’aumento è circa doppio rispetto alla media globale: ha già oltrepassato i 2 gradi. Portandosi dietro i muri di acqua che inondano la Liguria come Catania.

Per 1 euro investito 9 di valore aggiunto

“Che il problema climatico esista ormai è innegabile”, continua Re Rebaudengo. “Ma l’andamento della Cop26 dimostra che c’è una consapevolezza che aiuta azioni concrete. Oggi non si parla più di scenari lontani, di date alle quali i decisori saranno già in pensione. Si stanno decidendo gli obiettivi da raggiungere in 9 anni: significa che ormai anche i giorni contano”.

Elettricità Futura sottolinea la scelta dell’Italia a Cop26 di entrare come capofila di un gruppo di 10 Stati nella Global Energy Alliance for People and Planet, un fondo con una dotazione da 10 miliardi, 100 in prospettiva, che ha l’obiettivo di accelerare sulla transizione energetica creando almeno 150 milioni di posti di lavoro legati all’ambiente nei Paesi più deboli. Il Mite è coinvestitore nell’iniziativa che coinvolge anche Fondazione Rockefeller, World Bank, Asian Development Bank, e US International Development Finance Corporation.

“Secondo uno studio Capgemini, ogni euro investito in tecnologie per la decarbonizzazione in Europa crea fino a 9 euro di valore aggiunto”, continua Re Rebaudengo. “Le industrie italiane del settore elettrico sono prontissime a realizzare l’obiettivo di riduzione del -55% di emissioni di C02 al 2030. Per raggiungere questo target occorre investire circa 1.100 miliardi di euro in tutti i settori energetici - 100 in quello elettrico - creando 250.000 nuovi posti di lavoro netti al 2030, di cui 90.000 nel solo settore elettrico”.

Tra questo futuro, in cui tutti appaiono guadagnare, e il presente, che vede una sostanziale paralisi delle fonti rinnovabili da quasi 10 anni, c’è però un muro da valicare. Servono tre passaggi: il nuovo Piano nazionale integrato energia e clima in linea con il target -55%; la decisione delle Regioni sulla ripartizione dei 70 gigawatt di rinnovabili da realizzare; un accordo con le Soprintendenze che finora hanno bloccato molti dei progetti presentati.

La riconversione dei 20 miliardi di sussidi alle fonti fossili

“Ci sono poi gli interventi da fare in altri due settori chiave, la mobilità e l’edilizia”, aggiunge Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club. “A livello europeo si sta pensando di aprire una linea di mutui green per finanziare ristrutturazioni profonde degli immobili. La Commissione europea prevede di ristrutturare 35 milioni di edifici a fini di risparmio energetico entro il 2030, raggiungendo un tasso annuo di riconversione del 3% rispetto all’attuale 1%. Sul fronte della mobilità Stellantis ha annunciato un investimento di più di 30 miliardi di euro entro il 2025 per rafforzare il comparto dei veicoli elettrici. E la società di consulenza AlixPartners stima che le case automobilistiche e i fornitori di tutto il mondo investiranno 330 miliardi di dollari nell’elettrificazione dal 2021-2025, più 41% rispetto alla stima di 250 miliardi di dollari del 2020-2024”.

“La prospettiva di un’accelerazione della transizione richiede però di chiudere l’era dei finanziamenti alle fonti fossili, che in Italia secondo le stime del Mite hanno raggiunto quasi 20 miliardi di euro”, osserva Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile. “Una decisione da inserire nel quadro più ampio di una riforma fiscale in chiave ecologica: l’altro pilastro è rappresentato dall’introduzione di meccanismi di carbon pricing. Si tratta di un passaggio molto delicato, che deve essere fatto accompagnando i settori coinvolti e convertendo gli incentivi ambientalmente dannosi in incentivi in favore della decarbonizzazione. Occorre mantenere inalterato il carico fiscale complessivo diminuendo la tassazione sul lavoro e sugli investimenti green delle imprese, facendo crescere quella sull’inquinamento e tutelando tramite compensazioni sociali le fasce più deboli”.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.