Epidemia in calo in Italia: ma il nodo sono i tamponi
Nelle ultime due settimane in gran parte d’Europa, soprattutto in Spagna e nei Paesi dell’Est, si è registrato un netto aumento di casi da coronavirus. La crescita di positivi potrebbe essere dovuta a una maggior capacità di accertare le infezioni, grazie a un più alto numero di tamponi effettuati, ma anche al fatto che il virus continua a circolare indisturbato.
Dati italiani migliori in Europa: come mai?
La situazione italiana, osservando gli ultimi dati forniti dal Ministero della Salute relativi a nuovi decessi, ricoveri e malati, appare invece migliore rispetto agli altri Stati europei. Le cose stanno davvero così? E quali sono gli errori da evitare per scongiurare una “seconda ondata”, o comunque una nuova impennata di casi?
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“Questo virus non è come l’influenza, legato alla stagionalità - spiega Stefania Salmaso, epidemiologa in precedenza a capo del Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss), intervistata dal Corriere della Sera - È un’infezione con cui dovremo convivere ancora a lungo: la circolazione virale continua in modo più o meno silente, il numero di infezioni rilevate è direttamente proporzionale alla capacità di fare test, ma il virus non è meno pericoloso, se non per il fatto che al primo impatto parecchi soggetti suscettibili e fragili hanno pagato il conto più elevato in termini di casi severi e decessi”.
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Imparare dagli errori del passato
“In questo momento - avverte Salmaso - l’errore più grosso che possiamo fare è non potenziare la capacità di risposta della sanità pubblica imparando da quello che è successo: incremento della capacità diagnostica, tracciamento dei contatti, indagini e analisi delle modalità di contagio e calcolo dei rischi associati alle diverse esposizioni. Le misure di prevenzione devono arrivare dove servono”.
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Più tamponi nella zona della movida
“Sicuramente gli assembramenti in contesti chiusi sono una possibile fonte di rischio aumentato - afferma l’epidemiologa - Bisogna poi mantenere le precauzioni ormai conosciute: lavaggio delle mani, mascherine e distanza di sicurezza. Sappiamo che il rischio zero non esiste”.
Anche il professor Andrea Crisanti, interpellato da Adnkronos, spiega che andrebbero fatti più controlli tra i ragazzi nei momenti di aggregazione e divertimento: “La movida è il luogo dove c’è una concentrazione di persone con molti contatti, anche non protetti: è quindi il posto giusto per vedere se ci sono persone infette che trasmettono il virus”.
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“Cercare meglio e nei luoghi giusti”
Crisanti, responsabile del Laboratorio di microbiologia e virologia dell’Azienda ospedaliera di Padova, prova anche a spiegare il motivo per cui in Italia ci siano ora meno casi registrati: “Può essere che non cerchiamo abbastanza. Non dico che non si debbano vedere spiragli di speranza, ma agli italiani dico di prendere in considerazione che il pericolo non è passato e di regolarsi di conseguenza”. Secondo l’esperto, andrebbero effettuati tamponi in zone mirate: “Forse non stiamo facendo i tamponi alle persone giuste”.
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Maggior controllo degli spostamenti
“Sono sempre stato d’accordo sui tamponi all’ingresso nel nostro Paese - aggiunge Crisanti - La priorità è circoscrivere e spegnere tutti i focolai e fare controlli su chi viene da fuori, per evitare reintroduzioni del virus”.
Anche Alessandro Vespignani, direttore del Laboratory for the modeling of biological and Socio-technical Systems alla Northeastern University di Boston, in un’intervista al Corriere riflette sull’importanza di effettuare test e tamponi anche a chi viaggia e arriva dall’estero: “In Italia i nuovi casi sono a livello endemico sotto controllo. Certo, bisogna restare assolutamente vigili e mantenere le precauzioni adottate. Occorre prudenza nel controllo degli spostamenti delle persone: è l’ennesima dimostrazione che il circolo virtuoso non si mantiene da solo”.
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