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Equitalia emette cartella da 0,02 euro per interessi di mora

L’avvocato Sergio Gerin
L’avvocato Sergio Gerin

Anche due centesimi sono soldi, tanto fa giustificare una cartella per interessi di mora. Equitalia recapita all’avvocato Sergio Gerin, di Pordenone, una sanzione da 0,02 euro. Ossia due centesimi di euro, una cifra ridicola che non giustifica l’emissione di una cartella esattoriale. Bastava che qualcuno controllasse.

“Non ci possono credere, è una follia”, racconta Sergio Gerin al Gazzettino. Tutto vero, Equitalia pretende il versamento di due centesimi di euro per “interessi di mora”. La somma è legata a un pagamento per probabilmente è stato fatto in ritardo, perché nel documento alla voce debito residuo c’è uno zero. Niente di insoluto, quindi ma solo interessi per un eventuale ritardo nel pagamento. La notifica è del 2003 ma l’avvocato l’ha vista solo ora, facendo luce su una vicenda che gli crea non pochi problemi con l’Agenzia delle entrate.

Nel 2011 l’avvocato Gerin aveva chiesto un piano di reteizzazione dell’Iva, in quattro anni. Al primo versamento l’impiegato della banca sbaglia il codice di invio. Un errore che si può correggere facilmente. No se si ha a che fare con la macchina burocratica di Equitalia. Ad ogni successivo pagamento risultava che il contribuente era in ritardo di tre mesi. Ogni ritardo implica una sanzione da 600 euro. “Pensavo che tutto si fosse risolto ottenendo lo sgravio dell’Agenzia delle entrate – spiega Gerin -. Ma ogni anno mi arrivavano 600 euro di sanzione. Per quattro anni ho dovuto pagare e poi fare lo sgravio”.

Un po’ di pazienza e si risolve tutto? Macché. Lo scorso luglio all’avvocato arriva un’altra sanzione cumulativa di oltre 2.300 euro, perché l’errore continuava a perpetuarsi a ogni pagamento. Tutto perché al primo versamento l’impiegato della banca aveva registrato male il codice dell’operazione. A quanto pare per Equitalia “il sistema non permette correzioni”. Quindi l’unica maniera è pagare una multa ingiusta e chiedere poi il rimborso. Per 2 centesimi, però, non ne vale proprio la pena.