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Equitalia, un passivo di 858 milioni

Equitalia

I conti di Equitalia sono in rosso con un passivo da 858 milioni di euro. Diminuiscono le entrate, gli italiani hanno sempre meno soldi per pagare i debiti con il fisco. Lo Stato rispetto al 2012 incassa circa 1 miliardo in meno. “L’attività di riscossione da ruolo, nel 2012 ha registrato ancora una volta una flessione, passando da 8,9 miliardi nel 2010 a 8,6 miliardi nel 2011 e a 7,5 miliardi nel 2012”, si legge nell’ultima delibera della Corte dei Conti riguardante l’ultimo bilancio di Equitalia. In futuro l’unica via percorribile per correggere i conti è quella della riforma.

I motivi che hanno fatto lievitare il passivo sono più di uno. Li ha spiegati Linkiesta.it, riportando dettagliatamente anche tutti i dati economici. Per prima cosa i recenti interventi normativi hanno reso meno feroce l’azione di riscossione (l’impignorabilità della prima casa per esempio), ma anche i nuovi assetti societari hanno fatto gonfiare il passivo dell’Agenzia. Equitalia, dopo diverse fusioni, è diventata nel complesso un gruppo interamente a capitale pubblico (51 per cento dell’Agenzia delle Entrate e 49 per cento dell’Inps), composto da Equitalia S.p.A., Equitalia Giustizia, e tre agenti, Equitalia Nord, Equitalia Centro, Equitalia Sud (eccezion fatta per la Sicilia dove opera la Riscossione Sicilia). Un carrozzone che è sì diventato più grande, ma ha anche inglobato le magagne di chi si è salito a bordo. Così la “nuova” Equitalia ha visto passare i suoi debiti da 86 milioni a 805, per un passivo totale di 858 milioni, se si considerano anche le altre società della holding.

A complicare i conti dell’Agenzia di recupero crediti sarebbero state la sparizione dell’Ici (che si pagava con deleghe F24), la diminuzione delle commissioni di incasso (tecnicamente costi di aggio) e la dilazione dei sistemi di riscossione voluti dal Decreto del Fare. L’istantanea scattata dalla Corti dei Conti, insomma, non è certo di quelle in cui tutti sorridono: “La società, il suo azionista e lo stesso legislatore devono adottare misure necessarie per interrompere questa dinamica alla lunga insostenibile, tenendo tuttavia in considerazione la grave situazione economico-sociale che sta attualmente attraversando il nostro Paese”.

Nel resto d’Europa, giusto perché ogni tanto vale la pena fare paragoni, per recuperare i crediti non vanno troppo per il sottile. In Francia, per esempio, lo Stato può obbligare, tramite l’avviso al terzo, una terza persona depositaria, detentrice o debitrice dei fondi del contribuente inadempiente a versare al fisco le somme dovute per conto di chi non ha pagato le tasse. I tedeschi sono sempre i più severi. In Germania è previsto, in ultima istanza e proporzionalmente alla somma, l’arresto del debitore o la detenzione sostitutiva. In Inghilterra, invece, l’Hmrc (Her Majesty’s Revenues and Customs) con il procedimento, noto come distress, può entrare nel domicilio del contribuente e sequestrare i beni suscettibili di pignoramento. E se non si paga entro cinque giorni, il sofà del salotto verrà venduto all’asta. In Spagna, giusto per concludere la carrellata, sono più soft. Non si esce mai dall’amministrativo, niente galera per intenderci, ma si procede secondo una scaletta precisa: prima si pignora il conto corrente, poi i valori e i diritti realizzabili nel breve termine, il salario, i beni immobili, le rendite, i gioielli per finire con azioni e obbligazioni.

Dal confronto europeo emerge, chiaramente, che l’intero sistema di riscossione dei tributi italiano avrebbe bisogno di una riforma strutturale. Che semplifichi, per prima cosa. Troppe norme in tema di tasse e spesso contraddittorie. La Corte dei Conti lo ha fatto capire chiaramente che “serve riformare l’intero sistema” e non solo Equitalia. All’appello, tra l’altro, mancano circa 545 miliardi di euro. Un quinto del debito pubblico. Un fardello che peserà su tutti quegli enti locali o previdenziali a cui quelle somme sarebbero dovute tornare. E se la politica non decide di affrontare con una riforma il fisco italiano, occorrerà ricorrere ad una maxi sanatoria. Perché raccattare solo più soldi dai contribuenti, non basterà a salvare i conti di Equitalia.