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L'errore del commercialista lo paga il contribuente

Le scadenze per le dichiarazioni dei redditi (vai allo speciale) si avvicinano. Maggio e giugno sono mesi in cui i contribuenti si devono preparare per presentare tutta la documentazione necessaria per compilare i vari modelli da trasmettere al fisco. Modello Unico o 730 che sia, l’importante è non fare errori. E per non incorrere in dimenticanze spiacevoli, tra le tanti voci da riempire, ci si rivolge a professionisti, Patronati o Caf. Liberi professionisti alle prese con l’Unico 2012 e lavoratori dipendenti che preferiscono il 730 (da presentare entro il 20 giugno ad un commercialista o Caf) con la possibilità di usare il datore di lavoro come sostituto d’imposta per ricevere eventuali crediti direttamente in busta paga. Ma in caso di errori, chi paga?

Il contribuente risponde del reato di omessa dichiarazione Iva anche se la mancata trasmissione dei dati al fisco sia imputabile alla negligenza del commercialista. Questo è quanto ha deciso la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 16958 dell’8 maggio 2012, che ha confermato la condanna per il reato di cui all’art. 5 del D.Lgs. 74/2000 inflitta dalla Corte d’Appello al legale rappresentante di una società che non ha presentato le prescritte dichiarazioni Iva per i periodi di imposta relativi agli anni 1999, 2000, 2002 e 2003. E pazienza se la responsabilità, secondo il contribuente, è del commercialista. L’imputato, infatti, era ricorso in Cassazione, allegando tutta la documentazione utile, perché a suo dire l’omessa dichiarazione era dovuta a “colpa e/o negligenza del proprio commercialista”, al quale era stata affidata la contabilità in quegli anni.

Niente da fare, secondo i giudici le motivazioni del contribuente sono apparse del tutto generiche e infondate, perché in contrasto con quanto accertato e congruamente motivato in precedenza. Inoltre, sempre secondo la Corte, l’affidamento a un commercialista del mandato a trasmettere per via telematica la dichiarazione dei redditi alla competente Agenzia delle Entrate non esonera il soggetto obbligato alla dichiarazione dei redditi a vigilare affinché effettivamente questo avvenga. Rimane, ovviamente, la possibilità del contribuente di intentare una causa civile contro il professionista. Ma, si sa, i tempi della giustizia nostrana sono molto lunghi.

Certo, questo è un caso particolare e molto dipende dalla documentazione prodotta per accertare la responsabilità oggettiva e soggettiva in questione. Ad ogni modo, a tutela dei contribuenti che decidano affidarsi ad un Caf, esiste un’assicurazione obbligatoria per coprire i danni arrecati al cliente. Già dalla manovra Finanziaria dello scorso agosto, il governo ha introdotto una disposizione che obbliga i professionisti a stipulare una polizza assicurativa, mettendo al riparo così il contribuente da errori o da eventuali multe. Il primo passo legislativo, in questa direzione, risale al decreto ministeriale del 31 maggio 1999, n. 164, che prevedeva l’obbligo alla stipula assicurativa per commercialisti o Caf che prestino assistenza fiscale, senza franchigie né riduzione di massimale in caso di sanzioni inflitte all’utente, con la certezza che saranno accolte tutte le richieste di risarcimento avanzate, per tutti gli errori commessi anche in precedenza. E la possibilità di sbagliarsi, considerata la nostra legislazione fiscale, non è così remota. I modelli fiscali non sono mai gli stessi e l’Agenzia delle Entrate produce circolari e “interpretazioni autentiche” della legge a getto continuo. Ciò non toglie, però, che i Caf abbiano l’obbligo di legge di essere aggiornati su tutto e di garantire al cliente la correttezza nella compilazione delle dichiarazioni e dei relativi calcoli. Per questo motivo, insieme al 730 è previsto, da parte del Caf, il rilascio del “visto di conformità”, ossia l’attestazione che certifichi la compilazione a regola d’arte del modello.

Se un contribuente dovesse riscontrare delle imprecisioni sul suo modello, ha il diritto di tornare al Caf e ottenere la rettifica della dichiarazione, ovviamente senza nessuna spesa. E non solo: se con la rettifica dovessero arrivare sanzioni queste sono sempre a carico del Caf, ammesso che sia stato il Centro di assistenza fiscale a commettere l’errore in questione. E’ bene sapere che per rettificare a proprio vantaggio una dichiarazione in caso di minor imposta dovuta o maggior credito, c’è tempo fino alla data di presentazione della dichiarazione dell’anno successivo, senza pagare sanzioni. Passato questo termine non è più possibile presentare dichiarazioni integrative e quindi addio credito. La documentazione relativa ai modelli Unico e 730 va conservata per almeno 6 anni di tempo: le autorità fiscali possono effettuare accertamenti entro il 31 dicembre del quinto anno successivo alla dichiarazione dei redditi in questione. Nel caso si abbia diritto ad un credito di imposta, la documentazione va conservata fino al momento in cui l’Agenzia delle Entrate non effettua il rimborso.