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Esecuzioni, amputazioni. Torna la giustizia talebana (ma forse non in pubblico)

In this picture taken on September 23, 2021, Taliban members enjoy an afternoon on the banks of a river in Kandahar. (Photo by Bulent KILIC / AFP) (Photo by BULENT KILIC/AFP via Getty Images) (Photo: BULENT KILIC via Getty Images)
In this picture taken on September 23, 2021, Taliban members enjoy an afternoon on the banks of a river in Kandahar. (Photo by Bulent KILIC / AFP) (Photo by BULENT KILIC/AFP via Getty Images) (Photo: BULENT KILIC via Getty Images)

Torna la giustizia talebana. I boia sono già pronti per le esecuzioni delle pene capitali di assassini e le amputazioni degli arti di ladri nel risorto emirato islamico dell’Afghanistan anche se, forse, senza il sinistro autocompiacimento pubblico degli anni Novanta. A cancellare le residue speranze del mondo di un nuovo corso moderato degli studenti coranici è stato il mullah Nooruddin Turabi, attuale ministro del sistema carcerario e già vent’anni fa ministro della giustizia e capo del ministero per la propagazione della virtù e la prevenzione del vizio (la polizia religiosa), che ha anche avvertito l’Occidente di non immischiarsi negli affari interni del Paese.

“Il taglio delle mani è necessario per la sicurezza”, ha detto Turabi intervistato dall’Associated Press, ricordando che quando veniva praticato ha avuto un effetto deterrente. Il pensiero corre inevitabilmente ai macabri rituali nello stadio di Kabul e negli spiazzi della moschea di Eid Gah davanti a centinaia o migliaia di persone, ma sulla pubblicità di esecuzioni e punizioni non si è ancora deciso e il governo, ha precisato il mullah, “svilupperà una politica” al riguardo.
Vent’anni fa le esecuzioni dei condannati per omicidio venivano eseguite in genere con un colpo di arma da fuoco alla testa sparato da un membro della famiglia della vittima, che aveva l’opzione di accettare i cosiddetti “soldi insanguinati” in cambio della vita del condannato. Per i ladri la punizione era l’amputazione di una mano, mentre per il reato di rapina in autostrada venivano amputati una mano e un piede.

Silenzio, per ora, da parte del mullah, sulla lapidazione delle donne adultere. Ma la posizione della Guida suprema dell’Afghanistan, l’emiro invisibile Hibatullah Akhundzada teorico - tra l’altro - della forma più dura della Sharia, non lascia molti dubbi al riguardo.

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“Seguiremo l’Islam e faremo le nostre leggi basate sul Corano”, ha ribadito Turabi. E ha avvertito. “Nessuno ci dirà quali dovrebbero essere le nostre leggi”. “Tutti ci hanno criticato per le punizioni allo stadio, ma non abbiamo mai detto nulla sulle loro leggi e sulle loro punizioni”. Sulla legge coranica base del diritto, e in questo caso sulla sua interpretazione estrema, non si discute. Con buona pace della propaganda che, subito dopo la presa del potere il 15 agosto, voleva dare alla comunità internazionale un’immagine più moderata e aperta dei ‘nuovi’ talebani.

Solo qualche giorno fa dall’emirato era arrivata la richiesta di intervenire all’Assemblea generale delle Nazioni Unite in corso a New York: negata la tribuna del Palazzo di Vetro per quello che il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas ha definito un inutile show, il governo dell’emirato ha continuato a mandare al mondo messaggi poco rassicuranti. Ieri il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha concordato sulla necessità di un governo inclusivo e rispettoso dei diritti di tutti e delle donne in particolare. La risposta dei talebani è arrivata forte e chiara.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.