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EUR/USD ancora protagonisti: le previsioni nel breve

Sui mercati estivi euro e dollaro restano ancora protagonisti mentre a Wall Street continua la stagione delle trimestrali. Le previsioni di Filippo Diodovich Market Strategist per IG


Il cambio EUR/USD ha recentemente toccato quota 1,17 con una tendenza che nel breve resta rialzista. Solo colpa di un'agenda Trump difficilmente realizzabile o c'è anche altro?

Sono due le forze che stanno spingendo così fortemente la coppia valutaria EURUSD verso l’alto: il vigore della moneta unita e la debolezza del biglietto verde.

I buoni dati macroeconomici (il recente indice IFO ben superiore alle attese) hanno riattivato gli acquisti sull’euro anche in considerazione di un prossimo cambio di politica monetaria da parte della banca centrale europea. Crediamo che già nel meeting dei banchieri centrali di Jackson Hole il governatore della BCE Mario Draghi possa aprire uno spiraglio per una politica monetaria più restrittiva. Il piano di quantitative easing sarà ridotto nei prossimi trimestri mentre sul fronte tassi d’interesse riteniamo che il primo rialzo possa avvenire solamente nel secondo semestre del 2018.

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Negli Stati Uniti la Federal Reserve ha già iniziato da tanto tempo il processo di rialzo del costo del denaro. Il dollaro tuttavia nel 2017 ha evidenziato una debolezza totalmente imprevista. Il dollar index paniere che misura la forza del biglietto verde contro le principali valute internazionali a inizio anno quotava in area 104 punti scendendo fino a 93,40 minimo degli ultimi 13 mesi. Il deprezzamento del biglietto verde è soprattutto legato alle difficoltà dell’amministrazione Trump di portare avanti le politiche economiche promesse in campagna elettorale. Solamente ieri al Senato i repubblicani sono riusciti a vincere per un voto per iniziare a smontare l’Obamacare. Crediamo che i contrasti all’interno del GOP Party possano portare ulteriori problemi a Trump e di conseguenza al biglietto verde.

Il cambio eurodollaro ha toccato un massimo settimanale a 1,1712 per poi scendere fino a 1,1630. Manteniamo le nostre prospettive rialziste di medio/breve periodo.

A Wall Street continua la stagione delle trimestrali con i grandi protagonisti: è possibile fare il punto della situazione?

Più luci che ombre sulle trimestrali americane. Soprattutto le big banks americane sono tornate a mostrare risultati molto interessanti grazie a un rialzo dei profitti sulla gestione del risparmio (consulenza finanziaria e servizi fiscali) che ha permesso di compensare le perdite delle attività da trading.

Tra le FAANG (Facebook, Apple, Amazon, Netflix, Google) al momento il gruppo di Scotts Valley, leader nell’offerta di entertainment via internet, ha evidenziato risultati così brillanti da permettere di mostrare una delle performance post dati migliori di Wall Street (+14% nella seduta successiva alla pubblicazione delle cifre trimestrali). Il successo di Netflix è stato straordinario negli ultimi anni che ha permesso al gruppo statunitense di espandersi anche in mercati strategici (come l’Italia). In settimana avremo poi Facebook e Amazon e la prossima settimana la grande big Apple.

Il greggio ha beneficiato del taglio alle esportazioni che recentemente è stato deciso dall'Arabia Saudita. Siamo alla svolta?

E’ ancora troppo presto per parlare di svolta sul mercato del petrolio. E’ vero che l’Arabia Saudita sta incentivando fortemente i paesi dell’OPEC a rispettare gli accordi di Vienna sui tagli alla produzione per riequilibrare la domanda e l’offerta di greggio. Recentemente le critiche maggiori sono arrivate a Nigeria e Libia che erano state esentate dalla scelta di tagliare la produzione per sostenere le loro economie deboli per tensioni interne. Non è da escludere che possa essere convocato un meeting straordinario del cartello per aggiungere questi due paesi nel sistema di tagli prima della riunione predeterminata al 30 novembre 2017. Il ministro del petrolio saudita Al Falih ha inoltre allarmato soprattutto i paesi non OPEC di aderire agli accordi. Dalle cifre pubblicate dalle agenzie sul petrolio molti paesi non-OPEC non hanno aderito alla perfezione agli accordi dello scorso dicembre. Nel mese di giugno sono stati soprattutto i paesi dell’Asia Centrale Azerbaijan e Kazakhistan a non rispettare la diminuzione della produzione. Soprattutto

Sarà necessario osservare anche l’evoluzione della crisi in Qatar. Lo schieramento dei paesi arabi è molto forte contro il governo di Doha accusato di finanziare il terrorismo islamico estremista e soprattutto reo di essersi avvicinato troppo nelle relazioni diplomatiche.

Il petrolio è riuscito a recuperare segnando massimi degli ultimi due mesi a circa 48,50 dollari al barile. Siamo ancora lontani a nostro avviso per avere le indicazioni concrete di un cambio del trend negativo di fondo.

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