Annuncio pubblicitario
Italia markets closed
  • Dow Jones

    39.767,69
    +7,61 (+0,02%)
     
  • Nasdaq

    16.369,82
    -29,71 (-0,18%)
     
  • Nikkei 225

    40.168,07
    -594,66 (-1,46%)
     
  • EUR/USD

    1,0793
    -0,0036 (-0,33%)
     
  • Bitcoin EUR

    65.556,68
    +1.830,35 (+2,87%)
     
  • CMC Crypto 200

    885,54
    0,00 (0,00%)
     
  • HANG SENG

    16.541,42
    +148,58 (+0,91%)
     
  • S&P 500

    5.251,06
    +2,57 (+0,05%)
     

EUR/USD scende 1,24 e Piazza Affari supera i 22.700 punti

Alla fine della mattinata Piazza Affari grazie a energetici e industriali è la migliore delle borse europee, facendo intuire che il pericolo elezioni e la paura di una possibile ingovernabilità all'indomani del risultato, sembra essere passata, per ora, in secondo piano.

La situazione sui mercati

Alle 13.40 segnava infatti un vantaggio di 1,12% pari a 22.746 punti, seguita a ruota da Cac 40 a 0,95%, Ftse 100 a 0,73% e Dax a 0,6%. Intanto anche il dollaro inizia a recuperare sulla moeta unica.

Dalla Fed e soprattutto dall'economia Usa sembrano concretizzarsi le prospettive di quattro rialzi sui tassi per quest'anno contro le prime ipotesi che non andavano oltre le 3 strette previste. A pensarlo è anche Keating, amministratore delegato di Werthstein Institute, società di gestione patrimoniale, secondo cui questa debolezza del dolaro non continuerà ancora a lungo.

ANNUNCIO PUBBLICITARIO

Il punto interrogativo

Ma il dollaro continua a indebolirsi sull'euro con la moneta unica che tocca i livelli di 1,25 per poi scendere in tarda mattinata a 1,2482, poco dopo le 12,35. Resta comunque quel punto interrogativo che nasce da un insolito comportamento del dollaro: in parallelo i rendimenti dei Treasury Usa sono in fase di aumento arrivando a sfiorare il 3% con il 2,911% registrato in queste ore, il che, in teoria avrebbe dovuto, nei giorni scorsi, confermare una relativa forza anche per il biglietto verde. Il legame fra dollaro e tassi sembra infatti essere diventato indirettamente proporzionale a differenza di un cammino comune che da sempre li caratterizza. La prova arriva sempre dai numeri e soprattutto dai rapporti tra il dollaro e le altre monete: se da un lato la divisa statunitense, come detto, tocca i minimi con l'euro dal dicembre 2014, con lo yen arriva a 105,71, risultato toccato solo a novembre 2016. Non solo, ma il dollaro dimostra una strana debolezza nonostante i dati macro continuino a dare certezze di un'economia in buona salute (prezzi, produzione industriale, settore immobiliare e Pil).

Come spiegare questo trend?

Gli analisti sono divisi al riguardo: al di là dei fattori tecnici sembra che a zavorrare la moneta statunitense ci siano anche altri fattori. Il primo è quello derivante dalla politica fiscale Usa e dalla recente presentazione del piano di investimenti nelle infrastrutture che ammonterebbe a circa 1.500 miliardi di dollari nel giro di 10 anni. Il mix di aumento delle spese e calo drastico del gettito fiscale potrebbe provocare seri problemi, in futuro, a Washington, aumentando un'inflazione che potrebbe peggiorare anche a causa delle pressioni protezionistiche che, a tratti, già si stanno facendo sentire con l'aumento dei dazi imposti alle lavatrici e ai pannelli solari annunciato a fine gennaio. Recentemente, inoltre, l'agenzia di rating Moody's ha lanciato un allarme sul debito sovrano Usa che nel tempo, proprio a causa dei vari programmi sopra citati, potrebbe essere soggetta a “pressioni negative”. Una visione che vuole sottolineare come il peso del debito pubblico a livelli di record storico, aumentato anche dall'ultimo accordo bipartisan sul tetto di spesa innalzato di oltre 300 miliardi, rischia di essere troppo forte anche per la prima economica mondiale soprattutto in vista di una possibile e concreta esplosione de deficit.

Il caso dell'euro

Dall'altra parte, poi, c'è la moneta unica che si sta indubbiamente appesantendo. L'andamento delle due monete, infatti, sta sollevando più di un interrogativo circa la presenza di un colpevole: euro troppo fort o dollaro troppo debole?

Da parte sua, l'euro sembra essere ancora lontano da qul livello tale da permettere a Mario Draghi di poter pensare ad un alleggerimento delle politiche di stimolo. Lo stesso Draghi ha voluto specificare più volte che l'aumento dei tassi avverrebbe solo dopo lo stop agli acquisti dei titoli: l'unica mossa che possa farsi risalire ad una qualche volontà di drenaggio è stato, finora, il taglio degli acquisti di titoli che, proprio da gennaio, sono passati dai precedenti 60 agli attuali 30 miliardi. Una situazione, quella del cross eurodollaro, che alla fine del mese scorso ha interessato anche gli analisti di Standard & Poor’s secondo cui i mercati non dovrebbero avere fretta di vedere in arrivo il tapering della Bce. Acquisti di titoli di Stato e di corporate bond resteranno (come i tassi bassi) ancora per diverso tempo, il che permetterà alle aziende nuove emissioni a tassi particolarmente convenienti. A favore dell'import (i beni costano meno) ma ovviamente contro l'inflazione che continuerà ad abbassarsi. Non solo, ma a differenza di quanto avvenuto negli Usa (in realtà più che altro nelle ultime settimane), la pressione sui salari in Europa non sembra essere particolarmente forte.

Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online