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Nord contro Sud anche sulle bollette, Bruxelles apre alla linea italo-francese

Generic energy usage statement (Photo: John Lamb via Getty Images)
Generic energy usage statement (Photo: John Lamb via Getty Images)

Nord contro sud Europa, ancora una volta. Ora la spaccatura continentale si apre sull’energia, su cosa fare a livello comunitario sui rincari dei prezzi in bolletta che cominciano a stringere in una morsa i cittadini di tutti gli Stati membri. Ma stavolta è il sud ad aprire il fronte. I ministri di Italia, Francia, Spagna, Grecia, Romania si presentano al Consiglio Energia in corso oggi a Bruxelles con un ‘non paper’ comune che chiede di intervenire sulla normativa del mercato elettrico per calmierare i prezzi. Di solito sono i paesi del nord a scrivere documenti comuni. Stavolta lo fa il sud. È una novità semi-assoluta.

Punto centrale del ‘non paper’, visto dalla prospettiva italiana, è la richiesta alla Commissione Europea di esplorare la possibilità di firmare contratti comuni per l’approvvigionamento di gas per i paesi dell’Ue: su base volontaria. In Consiglio la Commissaria all’Energia Kadri Simson si intrattiene a lungo a parlare con il ministro per la Transizione Energetica Roberto Cingolani e nel suo intervento ai ministri apre alla proposta italiana: sarà inclusa nel pacchetto energia che l’esecutivo di Palazzo Berlaymont presenterà il 14 dicembre.

Più precisamente, sono le parole di Simson ai ministri riuniti a Bruxelles, il pacchetto della Commissione parlerà di “approvvigionamento congiunto di stock strategici di gas”. ”È un punto importante - aggiunge la Commissaria in conferenza stampa - Dobbiamo vedere se fare acquisti congiunti per aumentare la stabilità e la resilienza” nei prezzi. “Serve un accordo tra gli Stati membri in modo da garantire solidarietà in caso di crisi”. Per quanto riguarda le misure immediate da parte degli Stati, Simson le stima in 3,4 miliardi di euro.

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In sostanza, dalla Commissione arriva un forte assist alle proposte del documento dell’Italia e degli altri paesi del sud. La formula vincente sta nel fatto che, spiega Simson, “gli Stati hanno chiesto flessibilità” per gestire i rincari. E su questo si confida di trovare un accordo a 27: ne discuteranno i leader al Consiglio Europeo del 16 e 17 dicembre.

“In questi giorni il prezzo per MWh dell’energia va da 270 euro in alcuni paesi europei a 123 in altri. Non mi sembra che il sistema funzioni in modo da proteggere i cittadini europei: c’è uno spread del costo dell’energia che è molto grande”, esordisce il ministro Cingolani nel suo intervento in Consiglio. ”È chiaro che questo spread dei costi ha delle radici complesse, dipende dal costo della materia prima, abbiamo letto quello che ci dice la relazione di Acer (Agenzia per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell’energia, ndr.) - continua Cingolani - Ed è altrettanto ovvio che dipende dall’energy mix che ogni Stato ha. Per esempio alcuni Stati producono il carbone in casa ovviamente hanno costi energetici molto bassi. Dobbiamo però fare delle riflessioni se questo sia veramente un sistema continentale”.

Il cuore della proposta è “il common storage volontario e forme di ‘joint procurements’ sempre volontarie, come anche la gestione dei costi eventualmente attraverso meccanismi regolatori europei un po’ più innovativi”, sottolinea il ministro che cita dunque il documento comune dei paesi del sud. “Ritengo il ‘non-paper on energy and electricity and gas markets’, che trovate sul tavolo oggi, un documento interessante - osserva - Auspico che l’Acer, quando consegnerà il suo rapporto definitivo, possa anche considerare alcune delle proposte che sono qui contenute. Sono principi, i dettagli sono complessi e andranno discussi, ma credo che serva un sistema regolatore del mercato che sia adattativo alla transizione energetica che sta per avvenire”.

Quando Cingolani finisce di parlare, in Consiglio parte un applauso silenzioso da parte dei colleghi europei. Ma oggi la proposta ha fatto molto rumore a Bruxelles, perché è fortemente osteggiata dalla Germania e dai paesi del nord che sono contrari ad un intervento comunitario sul mercato. A Berlino, come a L’Aja, sono convinti che gli aumenti dei prezzi dell’energia siano temporanei e che a marzo la situazione tornerà alla normalità. Dunque, perché intervenire?

Invece, il governo Draghi e gli altri paesi del sud firmatari del documento (si aggiungeranno probabilmente Cipro e Malta) insistono sul fatto che gli attuali rincari possono mettere a rischio la ripresa, problema avvertito soprattuto negli Stati meridionali dell’Unione, nazioni ad alto debito pubblico da sempre, aggravato dalla crisi pandemica, a partire dall’Italia. Per questo Roma, Parigi e le altre capitali del sud chiedono un intervento comunitario sul mercato gestito dalla Commissione Europea, esattamente come è accaduto per l’acquisto dei vaccini anti-Covid. Un intervento su base volontaria: della serie, con chi ci sta. Visto che il nord non vuole, Bruxelles lo facesse per il sud che lo chiede.

“Chiediamo alla Commissione europea di esplorare un meccanismo volontario di approvvigionamento congiunto/acquisto centralizzato di gas con ‘contratti opzionabili’ mediante aste competitive - recita il ‘non paper’ - Questo meccanismo garantirebbe un’ulteriore flessibilità per migliorare la fornitura di gas assicurando volumi in più a prezzi accessibili”.

Alla fine la proposta viene accolta dalla Commissione: rientrerà nel pacchetto energia dle 14 dicembre, stavolta il muro del nord non ha la meglio. “Io credo che l’Europa come continente leader dovrebbe fare uno sforzo enorme anche in ricerca e sviluppo e guardare avanti con molto coraggio e non chiedersi se soddisfiamo adesso le paure di qualcuno - dice Cingolani ai colleghi europei - Noi abbiamo il dovere di guardare con coraggio ai prossimi decenni, quello che abbiamo adesso è sufficiente al 2030, potrebbe non esserlo dopo. Abbiamo la transizione ecologica e una transizione energetica poderosa da fare, dovremo essere pronti ad affrontarla con mente aperta e adattativa, sin d’ora, non escludendo cose perché si temono. Ciò che si teme va studiato, non va escluso. E sono convinto che le regole di oggi potrebbero non essere sufficienti e corrette per il domani, quindi abbiamo anche il dovere di pensare a regole innovative che aprano al futuro”.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.

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