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Evergrande affonda alla Borsa di Hong Kong sotto il peso dei debiti

This photo shows the signage of the China Evergrande Centre in Hong Kong on October 21, 2021. (Photo by Bertha WANG / AFP) (Photo by BERTHA WANG/AFP via Getty Images) (Photo: BERTHA WANG via Getty Images)
This photo shows the signage of the China Evergrande Centre in Hong Kong on October 21, 2021. (Photo by Bertha WANG / AFP) (Photo by BERTHA WANG/AFP via Getty Images) (Photo: BERTHA WANG via Getty Images)

Evergrande affonda alla Borsa di Hong Kong, cedendo il 13,78% a 1,94 dollari di Hk, ai minimi degli ultimi 11 anni.

Il colosso immobiliare cinese, con oltre 300 miliardi di dollari di debiti, ha reso noto venerdì di voler “lavorare attivamente” coi creditori offshore su un piano di ristrutturazione, aggiungendo che non vi era alcuna garanzia sui fondi sufficienti per far fronte ai suoi obblighi. Secondo Bloomberg deve ancora rimborsare 82,5 milioni di dollari e potrebbe non essere in grado di farvi fronte. La mossa aveva provocato la convocazione del presidente Hui Ka Yan da parte del governo del Guangdong che aveva concordato, su richiesta della compagnia, di inviare un gruppo di lavoro per supervisionare la gestione del rischio.

Evergrande sotto tutela. Su Evergande si allunga l’ombra della ‘tutela’ del Governo del Guangdong, la ricca provincia dove il gruppo ha la sua sede, che invierà “un gruppo di lavoro alla società per supervisionare la gestione del rischio, rafforzare i controlli interni e mantenere le normali operazioni”.

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La svolta, con la benedizione della Banca centrale cinese, è maturata dopo “l’immediata convocazione” del presidente e fondatore Hui Ka Yan (Xu Jianyin in mandarino) del gruppo di Shenzhen, oberato da oltre 300 miliardi di dollari di debiti, a causa di una nota inviata alla Borsa di Hong Kong in cui, a fronte della richiesta per onorare i obblighi offshore “sotto garanzia per circa 260 milioni di dollari”, Evergrande ha messo in guardia che potrebbe non essere in grado di effettuare i rimborsi per la crisi di liquidità del settore immobiliare cinese. Per altro verso, la compagnia ha assicurato di volersi “impegnare attivamente” coi creditori offshore su una soluzione praticabile per un piano di ristrutturazione del suo debito, allo stato tutto in salita.

Evergrande è una delle numerose compagnie del real estate del Dragone in affanno dopo che nell’ultimo anno le autorità cinesi hanno avviato la rigida normativa per frenare la speculazione e l’indebitamento, tagliando molte delle vie di accesso al denaro. Mandando in crisi anche un settore che ha contribuito nell’ultimo ventennio a circa un terzo della composizione del Pil nazionale. La società è riuscita finora a evitare il default, ma le sfide rimangono: una sua unità ha un coupon obbligazionario del valore totale di 82,5 milioni di dollari in scadenza lunedì 6 dicembre, alla fine del periodo di tolleranza.

Venerdì scorso, il fondatore Hui Ka Yan ha venduto 1,2 miliardi di azioni Evergrande per l’equivalente di 344 milioni, riducendo la sua partecipazione al 68% dal 77%. I regolatori di Pechino hanno esortato il magnate a utilizzare la sua ricchezza personale per finanziare il debito del gruppo.

La Banca centrale cinese, nel frattempo, ha approvato la mossa del governo del Guangdong, definita come “una misura potente per promuovere la gestione del rischio aziendale”, assicurando aiuto allo “sviluppo stabile e sano del mercato immobiliare” e alla tutela “di diritti e interessi legittimi dei titolari di alloggi”.
Oltre a rinnovare le critiche a Evergrande, i cui rischi sono dovuti “a cattiva gestione ed espansione cieca”, la Pboc in una nota notturna venerdì ha rassicurato sulla tenuta del sistema tra finanziamento “a medio e lungo termine” e “vendite di immobili nazionali” tornate alla normalità, al punto che alcune società cinesi hanno iniziato a riacquistare obbligazioni estere e diversi investitori hanno iniziato a comprare bond in dollari di società immobiliari cinesi.
Tuttavia, all’orizzonte si profila il default di Kaisa Group: lo sviluppatore ha annunciato oggi il fallimento di un’offerta su uno swap sul debito da almeno 380 milioni che gli avrebbe fatto guadagnare tempo cruciale, avvertendo che non c’era “nessuna garanzia” che sarebbe stato in grado di soddisfare i suoi obblighi di pagamento.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.