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Facebook cambia policy: scende a 13 anni il limite per i post pubblici

Facebook cambia policy: scende a 13 anni il limite per i post pubblici

Facebook cambia la propria policy dando la possibilità anche ai ragazzi fra i 13 e i 17 anni di postare aggiornamenti di stato, video e immagini che saranno visibili a chiunque e non soltanto dagli amici o dagli amici di amici. La versione ufficiale del social network è di voler dare maggior voce ai ragazzi, in realtà, dietro all’iniziativa si nasconde il business: quello garantito da un pubblico influenzabile che spende e fa spendere.

Se è vero, come sosteneva profeticamente il Cluetrain Manifesto del 1999, che “i mercati sono conversazioni” escludere dal mercato una fetta importante dei quasi 1,2 miliardi di utenti del più frequentato social media del mondo vuol dire negarsi una fetta importante di profitti. E Facebook è tutto tranne che un’opera di beneficenza.

Con questa modifica Facebook avvicina la sua policy al rivale Twitter che consente agli adolescenti di condividere pubblicamente i propri contenuti anche sotto pseudonimo. Secondo alcuni analisti la vecchia policy avrebbe fatto perdere a Facebook (che attualmente ha il quintuplo degli utenti di Twitter) la prossima generazione di giovani utenti, da qui la decisione di mettersi in pari con la concorrenza. Per Stephen Balkam del Safety Institute che fornisce consulenze a Facebook, la “creatura” di Mark Zuckerberg avrebbe addirittura esagerato con le policy di sicurezza riservate agli adolescenti e proprio per questa ragione starebbe perdendo molti dei suoi “amici” più giovani.

In molti sono preoccupati dall’apertura dei messaggi al pubblico adolescente. A differenza di Twitter, infatti, Facebook supporta una gamma più ampia di contenuti e non ha limiti nel numero dei caratteri.

Secondo James Steyer, fondatore e amministratore delegato di Common Sense Media, una onlus dedicata alla privacy online, l’introduzione di questa norma “monetizza bambini e ragazzi”. La pensa così anche Jeff Chester, direttore esecutivo del Center for Digital Democracy: “Si tratta di una questione di monetizzazione e di capire dove si sposta il dialogo pubblico”. I teenager sono lo zoccolo duro del box office cinematografico statunitense e delle grandi major della musica che costruiscono a tavolino le teen star come Justin Bibier e Miley Cyrus, quindi perché farsi scrupolo sulla forma di entertainment più recente, i social media?

Il cambiamento delle regole arriva nel bel mezzo delle polemiche per i sempre più numerosi casi di cyberbullismo. Un mese fa il governatore della California, Jerry Brown, ha firmato una legge, che consente ai minori di richiedere la cancellazione di post offensivi. E anche la Federal Trade Commission si è opposta all’allargamento dei post pubblici degli adolescenti, sostenendo come Facebook pratichi “un mix aggressivo di raccolta dei dati, profilazione e monitoraggio”.

Da una parte il business, dall’altra la sicurezza, da una parte il mercato, dall’altra il welfare e non è un caso che la prima legge seria contro il cyberbullismo arrivi proprio dal più illuminato dei 51 stati dell’Unione, quello nel quale sono nati molti movimenti ecologisti o dei diritti umani. Perché – anche se per molte persone non è così – i diritti e i doveri della Rete sono gli stessi del mondo reale.