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Fake news, e se per combatterle l'unica strada fosse il portafogli?

Sì, perché i siti di bufale puntano sul clickbaiting per avere maggiori visite e, così, monetizzare le fake news con gli inserzionisti pubblicitari.
Sì, perché i siti di bufale puntano sul clickbaiting per avere maggiori visite e, così, monetizzare le fake news con gli inserzionisti pubblicitari.

Come combattere la diffusione di notizie false, di bufale e delle cosiddette post-verità sul web? I social network stanno lavorando per mettere a punto algoritmi che sappiano leggere le notizie, mettono a disposizione degli utenti sempre più strumenti per segnalare le bufale, ma non basta. Perché purtroppo c’è sempre chi credere a tutto quello che legge online e c’è sempre chi sfrutta l’ignoranza della massa per diffondere notizie false.

C’è chi lo fa per motivi politici o ideologici, portando avanti posizioni antiscientifiche, o diffondendo quelle post-verità che influenzano le elezioni politiche, diffondendo bufale sui candidati e i loro programmi. Ma c’è chi oltre a diffondere volutamente notizie false per fomentare il razzismo o per giustificare posizioni come quelle anti-vaccini, c’è anche chi con i siti di fake news ci guadagna.

Sì, perché i siti di bufale puntano sul clickbaiting per avere maggiori visite e, così, monetizzare le fake news con gli inserzionisti pubblicitari. Ed è proprio su questo punto, il portafogli, che forse si può maggiormente contrastare la diffusioni di siti bufala e delle cosiddette post-verità. In particolare sono quei colossi IT che offrono spazi pubblicitari sui blog e i siti a poter contrastare la crescita dei suddetti siti impedendo che venga fatta pubblicità.

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Il 25 gennaio, infatti, Scott Spencer, product manager di Google, ha rivelato sul blog ufficiale della società che tra novembre e dicembre sono stati presi in esame 550 siti sospetti: 340 sono stati sanzionati in quanto violavano la policy di AdSense e circa 200 sono stati espulsi definitivamente dal network. E tra i siti banditi da AdSense e che, dunque, non potranno più raccogliere pubblicità attraverso il colosso di Mountain View, c’è anche uno dei più famosi siti di fake news italiani.

Si tratta di Byoblu, di Claudio Messora, capo dello staff di comunicazione del M5S all’Europarlamento di Bruxelles fino allo scorso luglio. Byoblu è da anni al centro delle polemiche da parte dei debunker, cioè da coloro che smascherano le bufale in rete, e le sue tesi sono state più volte smentite. Eppure continua a diffondere notizie false e a venir diffuso sui social network, ottenendo centinaia di migliaia di click al giorno. Click che, però, oggi non saranno più monetizzati.

Sono centinaia i siti in Italia che diffondono notizie palesemente false e che vengono quotidianamente diffusi tramite i social network. Siti che puntano a fomentare la rabbia del popolo nei confronti, come dice lo stesso Messora “delle testate giornalistiche e delle televisioni”. Ora, però, i rubinetti di questi siti rischiano di chiudersi di colpo.