Annuncio pubblicitario
Italia markets close in 5 hours 35 minutes
  • FTSE MIB

    34.032,57
    +91,61 (+0,27%)
     
  • Dow Jones

    38.790,43
    +75,63 (+0,20%)
     
  • Nasdaq

    16.103,45
    +130,25 (+0,82%)
     
  • Nikkei 225

    40.003,60
    +263,20 (+0,66%)
     
  • Petrolio

    82,63
    -0,09 (-0,11%)
     
  • Bitcoin EUR

    58.383,24
    -4.375,35 (-6,97%)
     
  • CMC Crypto 200

    885,54
    0,00 (0,00%)
     
  • Oro

    2.156,70
    -7,60 (-0,35%)
     
  • EUR/USD

    1,0847
    -0,0029 (-0,27%)
     
  • S&P 500

    5.149,42
    +32,33 (+0,63%)
     
  • HANG SENG

    16.529,48
    -207,62 (-1,24%)
     
  • Euro Stoxx 50

    4.997,05
    +14,29 (+0,29%)
     
  • EUR/GBP

    0,8551
    +0,0009 (+0,11%)
     
  • EUR/CHF

    0,9645
    -0,0005 (-0,05%)
     
  • EUR/CAD

    1,4716
    +0,0001 (+0,01%)
     

Fare tutto (o quasi) senza denaro

Intervista a Massimo Acanfora, autore di un manuale per la “ricchezza condivisa”

Manuale per la ricchezza condivisa

La sharing economy sta cambiando davvero le cose? Ed è realmente possibile oggi come oggi fare tutto o quasi senza denaro? Ve lo sarete chiesto tantissime volte, e forse solo in parte vi avranno convinto le piattaforme online di scambio e condivisione. Eppure, la possibilità di vivere la propria vita spendendo poco c’è, e a dimostrarlo è un libro scritto dal giornalista Massimo Acanfora, edito da Ponte alle Grazie- Altraeconomia edizioni che, non a caso, si intitola Gratis. Fare tutto o quasi senza denaro.
Qualche esempio? È presto detto. Forse non ci avete mai pensato ma anche se vivete in città, potete provare ad autoprocurarvi il cibo: basta conoscere bene le piante ed andare a raccogliere frutta e verdura qualche chilometro fuori dal centro urbano. E potete conservare a lungo quella frutta disidradandola o essiccandola. E ancora: esiste un sito che si chiama trashwiki.org che raccoglie tante informazioni geolocalizzate su materiali destinati alla discarica ma comunque utilizzabili. Per non parlare poi di orti collettivi (chi ha detto che dovete curarli da soli?), laboratori dove vi insegnano ad aggiustare di tutto. Il mondo della condivisione, poi, attrae anche le aziende: cambiomerci.com (www.cambiomerci.com) è la versione online di un circuito di imprese che scambia beni e servizi con regolarità. Tutto questo (e altro) si trova nel manuale, pieno zeppo di siti di riferimento, ma anche di suggerimenti di servizi, provati in molti casi in prima persona.

Ma come la mettiamo con tutti coloro che non arrivano a fine mese? Il libro e il fatto che “la ricchezza può essere condivisa” valgono anche per loro?
“Il libro è rivolto a tutti in modi diversi, partendo dal concetto che bisogna far sì che le risorse che ci sono siano condivise il più possibile e in maniera continua. Da un lato c’è l’emergenza della fame nel mondo, ma di contro abbiamo tantissimo cibo in eccesso e per questo all’interno del manuale parlo anche di food pickers, ossia di chi, quando un mercato sta sbaraccando, vanno alla ricerca tra le bancarelle di frutta matura e verdura ammaccata. Esiste poi foodshare che è una piattaforma di condivisione di cibo e si basa su un principio  comunque giusto: spartire tutto ciò che è in eccesso”.
Eppure secondo l’Istat gli indigenti non sono certo pochi…
“Io credo che sia in molti casi – non per tutti, ovviamente – un discorso di percezione: siamo poveri perché percepiamo di non avere i soldi per accedere alle risorse. Se in qualche modo arriviamo appunto a condividere queste risorse, in un certo senso siamo tutti ricchi e come diceva Henry David Thoreau: ‘Un uomo è ricco in proporzione al numero di cose di cui può fare a meno”.
Qualcuno ultimamente mette in dubbio il concetto di fiducia legato alla sharing economy. Qual è la tua opinione: siamo davvero tutti pronti a scambiare tutto?
“Nel caso del mondo online e della sharing economy ha molta importanza la reputazione che crea una fiducia basata sui feedback. Non è un concetto valido in assoluto: è e deve essere una fiducia critica che evita che certe situazioni diventino ‘estreme’. Quanto all’‘offline’, credo che ci sia la voglia di riconquistare una concezione di comunità, lo dimostrano le social street, ma anche i repair caffè, ossia quei posti dove si ripara qualcosa consumando bevande e dolci e altri. Si tratta di qualcosa che c’era un tempo e che si sta diffondendo nuovamente in certi ambiti”.
Ma quanto sono diffusi questi modi di vivere?
“Ancora non molto, diciamo che sono più conosciuti all’interno di quella che viene chiamata la ‘classe media riflessiva’. Mio zio di 65 anni probabilmente non sa niente di tutto questo, ma pian piano con un’alfabetizzazione  si può arrivare a farle diventare informazioni per tutti. In fondo è anche lo scopo del manuale: essere un’agenda della gratuità”.
Infine: ci diresti 5 servizi che vale la pena di provare per cominciare ad entrare nella mentalità della “ricchezza condivisa”?
“Sicuramente le ciclofficine, ci sono praticamente in ogni città. Lì si impara a riparare e si riceve anche una mano. Il free software: non è una novità ma rappresenta sicuramente un mondo interessante. Per terzo: lo scambio di semi, un ottimo modo per ritornare alla terra. Quarto, anche se non gratis, ma molto istruttivo oltre a essere un risparmio: un servizio come Bla Bla Car che consente di condividere il percorso in auto e poi uno dei tanti siti di baratto o anche uno scambio dal vivo che ti consente di avere la percezione di questo mondo”.