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Il flop delle banche trascina giù Piazza Affari

Il mese di maggio comincia sulle borse azionarie con un piccolo rimbalzo, sebbene non generalizzato.

Mentre in Asia la correzione da parte dei mercati aperti è stata abbastanza significativa ed ha messo in risalto la debolezza della borsa giapponese, in grado di perdere circa l’8% in due sedute, in Europa ieri è andato in scena il tentativo di recuperare le forte perdite accusate nell’ultima seduta di aprile. L’impresa è riuscita, ma solo in modesta parte, dato che le piazze principali hanno messo a segno tutte modesti rimbalzi. Fuori dal coro la nostra Piazzaffari, su cui si è abbattuto un violento temporale sul settore bancario, colpito da una duplice delusione. Da un lato non ha entusiasmato il decreto emanato dal governo per affrontare alcuni temi caldi del settore (rimborsi ai risparmiatori truffati dalle 4 popolari toscane ed istituzione del pegno non possessorio a favore delle banche per diminuire i tempi di escussione delle garanzie sui crediti deteriorati). I criteri di rimborso dei truffati sono assai contestabili e probabilmente non basteranno a migliorare la reputazione del governo e del settore bancario, mentre la riduzione dei tempi di recupero dei crediti incagliati sembra assai meno rilevante delle attese, fomentate dalle dichiarazioni roboanti di Renzi, che ha dichiarato che il decreto avrebbe risolto “definitivamente“ i problemi delle banche italiane.

Ma è stato soprattutto il colossale flop dell’operazione Popolare di Vicenza a indurre molti a vendere le banche italiane. Non solo la partecipazione all’aumento di capitale è stata minima, come ci si attendeva, ma Borsa Italiana ha bloccato la quotazione in borsa del titolo per scarsità di flottante, il che ha fatto decadere anche quasi tutte le poche adesioni istituzionali che si erano aggiunte ad Atlante, e che erano condizionate dalla quotazione in Borsa. Atlante è così costretto a rilevare circa il 97% del capitale della banca.

L’esito vicentino anticipa quel che potrebbe capitare anche agli altri due aumenti di capitale prossimi (Veneto Banca e Carige), che saranno anch’essi “garantiti” dal Fondo Atlante, e che impegneranno gran parte delle sue risorse, lasciando ben poco per l’altro obiettivo del fondo, cioè l’acquisto di crediti deteriorati.

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Se Atlante doveva essere la leva per risolvere i problemi delle banche italiane, come era stato incautamente supposto dagli ambienti governativi e dalla stampa compiacente con il sovrano fiorentino, dobbiamo concludere che la montagna partorirà un topolino, in grado a malapena di garantire il salvataggio delle 3 banche che in questo periodo chiedono soldi ad un mercato non disposto a concederli. Mentre le sofferenze continueranno in gran parte a restare tali.

Ecco perché ieri si è sgonfiata la bolla delle illusioni sui poteri taumaturgici del Fondo Atlante, e le banche italiane, da oggetto del desiderio, sono tornate ad essere percepite come fonte di preoccupazione.

La nostra borsa è stata la peggiore d’Europa, con un calo intorno al punto percentuale, quasi esclusivamente per colpa delle banche (la colpa restante è dovuta alla debolezza degli energetici, che hanno accusato lo storno dei prezzi del greggio, dopo tanta corsa).

Gli indici USA hanno invece mostrato un invidiabile aplomb, passando tutta la giornata in positivo e recuperando con l’indice SP500 quella quota 2.080 che aveva ceduto nelle ultime due sedute di aprile.

Potrebbe tornare d’attualità il test di 2.100, sempre che il petrolio tenga. Laggiù i nervi sono molto più saldi che in Europa.

Autore: Pierluigi Gerbino Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online