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Fondazioni: quei soggetti politici con finanziatori segreti

Non sono partiti, ma in politica, ormai, vanno di gran moda. Stiamo parlando delle associazioni o fondazioni. In Italia, rispetto al resto d’Europa, godono di gran fortuna anche perché non è dato sapere chi sono i finanziatori. Si invoca la privacy “in quanto dai finanziamenti si potrebbe desumere l’orientamento di chi ha elargito il contributo”, aveva scritto a Il Fatto Quotidiano, al riguardo, l’anno scorso Massimo D’Alema, presidente della Feps, che raccoglie le fondazioni progressiste europee. Sono trasversali, a volte raggruppano politici di schieramenti contrapposti. Nel Belpaese sono decine, e in alcuni casi sostituiscono le vecchie correnti. Una sorta di nuovo strumento in un’epoca in cui i partiti non sono certo al massimo della popolarità, al riparo dai meccanismi tipici partitocratici, come primarie o tesseramenti. Un vero e proprio apparato parallelo che si fatica a controllare, ma del tutto legale, del quale non è chiaro chi ci mette i soldi e per quale motivo. E in queste giornate caldissime sul fronte finanziamenti pubblici, ecco che dare una mappa delle tante associazioni politiche diventa un modo per capirne un po’ di più.

La capofila, nata nel lontano 1998, è la fondazione Italianieuropei che come recita il sito web, si occupa di “cultura politica”. Sedi di prestigio (Palazzo Borghese, piazza Farnese), una miriade di seminari, basta dare un occhio al sito, come l’ultimo ciclo d’incontri sull’Europa. E poi presentazioni di libri e una sezione dedicata alla rivista che si occupa, tra l’altro, nell’ultimo numero proprio dei finanziamenti pubblici. Un patrimonio di un milione e 600 mila euro, con inserzionisti pubblicitari come Eni, Enel, British Amerian Tobacco, Finmeccanica, Trenitalia, Monte dei Paschi. Il presidente è Massimo D’Alema.
Fare Futuro, invece, fa capo a Gianfranco Fini che è il presidente onorario; la guida è stata affidata ad Alfonso Urso, ex viceministro per il Commercio. Tra i consiglieri, Giancarlo Lanna, presidente della Simest (società Italiana per le imprese all’estero, di capitale quasi interamente pubblico), Ferruccio Ferranti (Nuovo Sistema Fiera Milano), Emilio Cremona (presidente della Gse), Pierluigi Scibetta (ex cda dell’Eni). Magna Carta fu fondata da Mercello Pera, oggi è presieduta dal vicecapogruppo PdL al Senato, Gaetano Quagliariello e la sede è a Palazzo Grimaldi Lazzaroni. Uno dei più attivi think tank del centrodestra. Non è da meno Res Publica, presieduta da Giulio Tremonti, che annovera tra i soci anche Lorenzo Ornaghi, attuale ministro dei Beni Culturali.

Tornando in area centrosnistra, c’è Democratica. Il presidente è Michele Salvati, nel consiglio d’amministrazione anche Renato Soru, Raffaele Ranucci, Maria Paola Merloni e Giulio Ghisolfi: l’area è quella di Walter Veltroni. L’elenco prosegue con Vedrò, giovane think tank che ruota attorno ad Enrico Letta, di cui fa parte lo storico centro studi Arel e l’associazione 360. A destra, c’è spazio anche per Nuova Italia, ultima nata dalla convention dell’Eur con una rete di circoli per rilanciare la figura di Gianni Alemanno. Nel 2010 si crea Libertà per il Bene Comune, la fondazione di Altero Matteoli che in due anni non ha organizzato neanche dieci convegni. Tra le più attive sul web compare Free Foundation, con un tocco di internazionalità nel nome, fondata dall’ex ministro Renato Brunetta che riempie la rete con molte recensioni dei suoi libri. Rimanendo in ambito PdL, si possono citare l’associazione culturale Cristoforo Colombo che raccoglie i parlamentari della corrente di Claudio Scajola, poi c’è Riformismo & Libertà che fa da trait d’union per gli ex socialisti piediellini, guidata da Fabrizio Cicchitto, da Francesco Colucci e dal sottosegretario Gianfranco Polillo. E Costruiamo il Futuro, fondazione di Maurizio Lupi, di area CL, con sedi a Merate e Seregno.

Ma il lungo elenco è ancora ampio: Astrid, radunata attorno all’ex ministro Franco Bassanini; l’Italia Decide di Luciano Violante; De Gasperi con a capo l’ex ministro Franco Frattini; Liberal, nata nel 1995, per iniziativa di Ferdinando Adornato che oggi gravita in zona Udc; Formiche del direttore editoriale Gustavo Piga, di ispirazione centrista; Foedus diretta dall’ex ministro Mario Baccini.

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Senza proseguire nella lista, se qualcuno avesse la curiosità di sapere chi finanzia queste associazioni, rimarrebbe senza risposta. Come detto, all’epoca di un’inchiesta che interessò Vincenzo Morichini e di sponda anche l’associazione dalemiana Italianieuropei, fu ribadito dalla fondazione che “rivelare i nomi dei finanziatori sarebbe come renderne pubblici gli orientamenti politici”. In buona sostanza i partiti hanno l’obbligo di rendere pubblico chi li finanzia, i nuovi soggetti della politica italiana no: è sufficiente depositare in prefettura l’atto costitutivo e lo statuto. E nessuno può sbirciare tra i bilanci. E’ vero che ci sono poi casi – a dir poco sporadici – come Magna Carta che rende pubblici i nomi dei finanziatori: tra gli altri compaiono British American Tobacco, Mediaset, Wind e Finmeccanica.

In altre parole, non esiste nessun tipo di pubblicità per i finanziamenti ottenuti. Si tratta di associazioni e quindi i cittadini o la stampa non hanno nessuna possibilità di conoscere i bilanci, né l’elenco di chi contribuisce economicamente al sostentamento della fondazione. E neanche i nomi dei membri. A livello fiscale, inoltre, grazie alla legge 460 del 1997, le fondazioni onlus godono di altre agevolazioni, sia per le imposte dirette che per quelle indirette che riguardano, appunto, le donazioni. Ma all’estero le cose funzionano così? Neanche per sogno. Prendiamo, ad esempio, le associazioni tedesche alle quali sono destinati ingenti finanziamenti pubblici. Ce n’è una per partito, sono controllate dalla Corte dei conti, obbligate alla pubblicità e alla trasparenza dei bilanci. Ma non solo. La Germania ha chiaramente stabilito che i dirigenti delle fondazioni non possono essere gli stessi dei partiti. E ancora: sono codificate le attività che le fondazioni possono svolgere, in particolar modo durante il periodo elettorale. Dulcis in fundo: le fondazioni non possono trasferire denaro ai partiti e pubblicano sui siti internet l’elenco delle entrate e delle uscite.