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Gas naturale, il deficit di offerta peserà sulla crescita dell’Unione Europea

Il gas naturale è diventato un serio problema per l’Unione Europea perché siamo importatori netti, nonostante qualcosa si potrebbe fare per ridurre tale dipendenza e vedremo cosa più avanti.

In un contesto internazionale in cui il gas naturale sta sostituendo il carbone nella produzione di energia e l’Asia, come l’Europa, stanno facendo a gara a fare scorte di gas naturale, ecco che l’offerta soffre e non riesce a soddisfare la domanda.

Come fa notare il Financialounge, la Russia sta già pompando gas all’Ue sopra i livelli precedenti la pandemia. Su questo versante si attende l’entrata in funzione dell’ormai ultimato Nord Stream 2, che deve ottenere soltanto il via libera dalle autorità e questo pare che non avverrà in tempi stretti.

Gas naturale e stretta all’economia dell’Unione Europea

Non è solo il gas naturale a causare problemi all’Unione Europea, la carenza di una autonomia anche nel settore del petrolio aggrava l’energy crunch e mette sotto pressione le economie.

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Il prezzo del petrolio aumenta per vari fattori, tra cui anche l’uso come sostituto del carbone e del gas la cui domanda è superiore all’offerta, spiega il Financialounge. A ciò si deve aggiungere la scelta dell’OPEC e degli alleati dell’OPEC+ di non aumentare l’offerta di petrolio rispetto a quanto deciso alcuni mesi fa.

Questo porta all’aumento dei prezzi dei carburanti e dell’energia, ma anche del riscaldamento nelle case. Le conseguenze economiche si riflettono anche sui prodotti finali, i quali sono trasportati da mezzi di trasporto alimentati a combustibile fossile.

Un circolo di dipendenza che porterà inevitabilmente le persone a spendere di meno, con conseguenti riduzioni dei ricavi per le imprese.

Crisi energetica in vista?

Secondo Amundi, contattata dal Fiancialounge, non c’è da temere una crisi energetica nell’Unione Europea nel periodo invernale, tuttavia i rincari peseranno sulla crescita.

La speranza è affidata alla ripresa delle attività estrattive negli Stati Uniti, a partire dal primo semestre del 2022, dove l’estrazione del greggio dallo scisto in questi mesi ha rallentato a causa degli uragani.

Una reazione dei paesi produttori, che al momento si stanno aggiustando i conti interni con i maggiori ricavi derivanti da un petrolio sopra gli 80 dollari al barile, potrebbe arrivare solo se i prezzi dovessero arrivare fuori controllo e le persone decideranno di camminare a piedi evitando l’acquisto dei carburanti.

Il gas italiano c’è

In fine va aggiunto un aspetto che Il Sole 24 Ore ha fatto presente alcuni giorni fa, e che riguarda i giacimenti di gas che l’Italia ha nel suo suolo.

Il quotidiano economico sottolinea come “sotto i piedi degli italiani” ci siano 90 miliardi di metri cubi di metano da estrarre.

Oggi, alla luce della COP26, tutti sono contro il metano perché è considerato un gas serra. Meno persone sono consapevoli del fatto che dovendolo importare dall’estero non solo lo paghiamo di più, ma anche inquiniamo di più a causa delle perdite strutturali lungo la linea di distribuzione.

Infatti, il metano quando bruciato è nettamente meno inquinante del carbone e solo quando si disperde incombusto lungo i metanodotti esteri inquina.

Non solo, Il Sole 24 Ore fa notare che quello straniero ci sta costando tra i 50 e i 70 centesimi al metro cubo e quello italiano si aggira sui 5 centesimi al metro cubo.

Perché non estraiamo il nostro metano? Perché il governo Conte 1 ha imposto un piano regolatore alle trivelle che di fatto ci impedisce di estrarre anche il nostro metano.

La differenza tra i proclami e il buon governo sta tutta qui: nelle conseguenze.

This article was originally posted on FX Empire

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