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Gazprom taglia ancora le forniture, Mosca "gioca" col gas europeo

Gas (Photo: Getty&HP)
Gas (Photo: Getty&HP)

Non accenna a placarsi la corsa del prezzo del gas che fa segnare un nuovo record storico: i futures di novembre sull’hub Ttf nei Paesi Bassi, riferimento del mercato europeo, sono aumentati di oltre il 10% raggiungendo i 1450 dollari per mille metri cubi, pari a più di centoventi euro per megawattora, contro i 15 euro di sei mesi fa. Il prezzo della materia prima è cresciuto di oltre il 600% nell’ultimo anno e un andamento simile si è visto per il Gnl, il gas naturale liquefatto, cresciuto più del 500%. L’incremento indica che oggi il gas viene scambiato sui mercati per l’equivalente di circa duecento dollari a barile di petrolio, una cifra monstre. L’aumento dei prezzi si vedrà già nelle prossime bollette in Europa, Italia inclusa dove un tempestivo ma insufficiente intervento del Governo Draghi ha soltanto mitigato l’impatto dell’energy crunch, grazie allo stanziamento di circa tre miliardi di euro contro i nove che ne servivano. La crisi energetica riguarda però tutti i Paesi dell’Ue che stanno cercando, con la consueta lentezza che caratterizza i negoziati comunitari, a porre dei rimedi.

Dopo lo slittamento alla settimana prossima del pacchetto energia, che la Commissione europea presenterà a metà ottobre, i Paesi più preoccupati dal caro bollette guardano all’esecutivo Ue in cerca di soluzioni comuni, come lo stoccaggio condiviso di gas, appalti condivisi e interventi normativi per slegare in parte i prezzi della materia prima dalle tariffe. Ma le resistenze di alcuni Stati membri, emerse durante i colloqui al vertice dei ministri economici in Lussemburgo, rischiano di minare sul nascere lo sforzo per una risposta comune alla nuova sfida ereditata dalla pandemia, che ha mandato in tilt le catene di approvvigionamento di beni e materie prime.

La carenza di gas sta però già assumendo le sembianze di uno scontro politico tra Bruxelles e Mosca, con la prima che si trova con scorte in sofferenza in vista di un inverno che si spera non sia troppo rigido, e con la seconda che ha ridotto le sue forniture per dirottarle altrove, in primis per incrementare i propri stoccaggi. L’aumento dei prezzi sta nel fatto che “la domanda globale sta crescendo, ma le forniture non stanno aumentando. Quindi, siamo grati che la Norvegia stia aumentando la produzione, ma non sembra essere il caso in Russia, ad esempio”, ha detto la presidente della Commissione Ursula von der Leyen. D’altronde il Vecchio Continente dipende per il gas per il 90% dalle importazioni e per il petrolio per il 97%. Nel complesso, dati Eurostat, nel 2019 il tasso di dipendenza energetica era pari al 61%, il che significa che più della metà del fabbisogno dell’Ue è stato soddisfatto dalle importazioni nette. L’Italia fa anche peggio della media Ue, essendo dipendente dall’estero per più dell′80% del suo fabbisogno energetico, anche se sullo stoccaggio di gas sembra piazzata meglio di altri Paesi membri grazie alle sue riserve strategiche. Resta il dato che l’Italia, secondo i dati del Mise rielaborati da Arera, l’agenzia italiana per l’energia, nel 2019 ha importato dalla Russia circa 32 miliardi di metri cubi di gas, quindici dall’Algeria, sette dalla Norvegia.

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La penuria di gas ha perciò messo in allerta i leader europei: secondo una ricerca di BloombergNef l’Europa ha attualmente scorte sotto la media stagionale (71% contro la media del 92%) ma con una stagione rigida potrebbero assottigliarsi al 4%. Vladimir Putin ha respinto le accuse, parlando di “isteria e confusione” in Europa dovute alle forti spinte politiche verso la transizione green e ai bassi investimenti Ue nelle industrie estrattive. Come quelli nell’impianto di Groningen, nei Paesi Bassi, il più grande giacimento di gas europeo che il Governo olandese è in procinto di chiudere a causa della sismicità provocata dalle sue attività. Secondo il Centro per gli studi strategici dell’Aia, l’esecutivo dei Paesi Bassi è perciò a un bivio tra strade molto difficili da intraprendere, se non vuole lasciare i suoi cittadini “al freddo”.

Il Cremlino, che ha tutto l’interesse a tutelare le forniture del suo colosso statale Gazprom verso i mercati europei ha lanciato un sottile messaggio a Bruxelles affermando che la transizione verde dovrebbe avvenire “senza trascurare lo sviluppo sostenibile” delle fonti fossili. D’altro canto Mosca è fortemente dipendente dai mercati europei per le sue esportaioni ma “deve iniziare ad abbandonare lo sfruttamento del petrolio e del gas come risorse principali per formare il suo bilancio”, ha detto il capo della Camera dei Conti russa. “Secondo le previsioni mondiali, entro il 2050 l’uso delle fonti di idrocarburi nel mondo diminuirà di 2 volte”.

Nel frattempo la Russia prosegue perciò nella sua strategia di diversificazione delle rotte del trasporto di gas verso l’Europa, come dimostra il contratto entrato in vigore il 1° ottobre per la fornitura all’Ungheria aggirando l’Ucraina, con cui Mosca è da tempo in conflitto. “La diversificazione delle forniture per i consumatori europei è una questione di vantaggi commerciali”, ha dichiarato il portavoce del Cremlino, come riporta l’agenzia russa Tass. In queste ore sta entrando nella sua ultima fase prima della piena operatività il gasdotto Nord Stream 2, quello che collega la Russia alla Germania passando dal Mar Baltico. Si tratta del gasdotto della discordia, fortemente osteggiata dagli Stati Uniti e dai Paesi dell’Europa orientale. Difficilmente potrà essere risolutivo per superare le criticità previste per il prossimo inverno, a causa di questioni legali in Germania.

Di fronte alle accuse arrivate da Bruxelles, Gazprom si è smarcata affermando di rispettare appieno tutti i contratti siglati con i Paesi Ue e di essere pronta a firmarne di nuovi, pur ammettendo di essere alle prese con una forte richiesta dai mercati asiatici e soprattutto di aspettarsi un “inverno freddo e nevoso” per la stagione di riscaldamento 2021-2022 in Russia. Ciò non toglie che secondo i dati pubblicati sul sito della stessa società energetica del Cremlino i volumi consegnati attraverso la Bielorussia sono diminuiti di oltre il 70% a partire dal 26 settembre e quelli via Ucraina del 22%. Se a settembre 2020 Gazprom riforniva quotidianamente intorno ai 105 milioni di metri cubi di gas, il mese scorso gli approvvigionamenti si sono aggirati intorno ai 70 milioni di metri cubi. Un calo nelle forniture è quindi evidente, e molti analisti lo leggono come una forma di pressione politica verso il Vecchio Continente per rinunciare a ogni forma di opposizione all’entrata in funzione del Nord Stream 2.

Secondo il Centro Studi internazionali, “al di là dei motivi ufficiali è plausibile che la Russia voglia volgere a proprio favore le difficoltà dell’Ue in un settore in cui è particolarmente suscettibile”, dal momento che il gas “potrebbe diventare un importante strumento geopolitico con cui la Russia potrebbe far leva sugli Stati europei per promuovere i propri interessi, primo tra tutti l’approvazione definitiva del Nord Stream 2″. Secondo i calcoli del colosso statale russo, infatti, ad oggi mancano negli impianti di stoccaggio europei circa 20,5 miliardi di metri cubi di gas rispetto a un anno fa. Il dato più basso nell’ultimo decennio.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.