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La giornata dell’ECB è iniziata con un tono contrastato in Asia

La giornata dell’ECB è iniziata con un tono contrastato in Asia.

Tokyo non poteva certo gradire il brusco rialzo dello Yen, avvenuto oltretutto appena dopo la conferma, da parte della Bank of Japan, della stance ultrespansiva. Anche se la correlazione inversa tra azionario locale e Yen/$ si è parecchio attenuata nell’ultimo periodo, l’annuncio del nuovo corso sulla politica valutaria dell’esecutivo Trump non può non infastidire il Nikkei (tanto più che Mnuchin oggi ha ribadito chiaramente il concetto a Davos).

Cambio di mood anche sull’azionario cinese, con robuste prese di beneficio sulle “H” shares, e modesti cali sull’azionario locale (“A” shares). Eventualmente, l’inasprirsi della retorica sul trade può essere un catalyst per queste modeste vendite. Mettiamoci la forza della divisa e un po’ di headlines sui media riguardo le riforme economiche e c’è più del necessario per generare una correzione. In generale se una stabilità o moderata debolezza del Dollaro è vista positivamente, nella parte emergente dell’area, per l’impatto che ha sui flussi di capitale, le politiche monetarie e il debito estero di questi paesi, una debolezza eccessiva può essere guardata con sospetto, per l’eventuale impatto sulle esportazioni.

Tra gli altri indici, al palo Mumbay, Sydney e Taiwan (Taiwan OTC: 6549.TWO - notizie) , e invece rimbalzo di Seul.

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All’apertura della seduta europea, i chiarimenti di Mnuchin a Davos ( RTRS – DAVOS- U.S. TREASURY SECRETARY MNUCHIN SAYS ‘DOLLAR IS NOT A CONCERN OF MINE’ RTRS – DAVOS- U.S. TREASURY SECRETARY MNUCHIN SAYS LOWER DOLLAR BENEFICIAL FOR U.S. TRADE BALANCE -MNUCHIN SAYS MY COMMENT ON THE DOLLAR WAS QUITE CLEAR) hanno portato ad un ulteriore calo del biglietto verde, che si è assestato stabilmente sopra 1.24 vs €, livello sul quale si è messo in attesa dell’ECB.

In attesa dello show di Francoforte, l’IFO tedesco è riuscito a mettere a segno un altra salita a Gennaio (117.6 da prec 117.2 e vs attese per 117) marginalmente macchiata da un calo delle expectations, a fronte di current assessment al record storico. Apparentemente, l’economia tedesca ha iniziato il 2018 con un ulteriore accelerazione, nonostante la forza dell’€ e le incertezze politiche. Un concetto che i PMI di ieri estendono a tutta l’area Eurozone.

Ma oggi la scena era di Draghi e gli asset europei gli sono andati incontro con il consueto clima di attesa e connessa price action: i bonds eurozone sostenuti dal timore che la necessità di fermare la corsa dell’€ inducesse Draghi a toni accomodanti, e la divisa e l’azionario europeo stabilizzati dalla speranza in suo successo nell’impresa.

Come da attese, lo statement non ha riportato alcuna significativa modifica alle guidances (in particolare la notazione sulla possibilità di aumentare nuovamente gli acquisti, che potrebbe essere eliminata a marzo). La forza della ripresa ha trovato ampio spazio nella notazione secondo cui la crescita nel secondo semestre è stata superiore alle attese e lascia sperare in un ritorno dell’inflazione al target. I recenti sviluppi sul cambio hanno trovato spazio, ma con toni non eccessivamente accesi (richiedono “monitoraggio”).

Nella sezione di domande e risposte Draghi ha mantenuto un tono comprensibilmente accomodante, confermando che i tassi resteranno bassi molto oltre la fine del QE, escludendo rialzi dei tassi nel 2018, e notando che annunciare l’intenzione di dibattere la possibilità di eventuali modifiche delle guidance nei prossimi meeting non implica che la decisione di modificarle sia stata già presa, ma solo che si ha intenzione di prenderle in considerazione.

Sul cambio, ha chiarito non rientra direttamente tra gli obiettivi della politica monetaria, ma, poichè ha un impatto sui prezzi, va osservato e fattorizzato nelle previsioni. Allo scopo di sdrammatizzare la questione, ha ricordato che, se un economia migliora, un certo apprezzamento del cambio è da mettere in conto. Ha però stigmatizzato indirettamente l’esecutivo Trump per i recenti commenti sul Dollaro, accusandolo di violare l’impegno ad astenersi da svalutazioni competitive.

Ad integrare il messaggio nel tardo pomeriggio le solite fonti anonime hanno riferito che alcuni membri ECB vorrebbero rinviare a giugno la revisione delle guidance, a dimostrazione che la tranquillità di Draghi non è condivisa da tutto il Governing Council.

In sostanza, conscio che nel breve dimostrare eccessiva preoccupazione per il livello della divisa sarebbe risultato controproducente, Draghi ha mantenuto la rotta, lasciando trapelare il messaggio che l’economia europea si è irrobustita, ed è in grado di tollerare un recupero della divisa unica che, almeno in parte, dipende proprio da questo irrobustimento.

La reazione di breve del mercato è comprensibile.

Sgravato dal rischio di un miracolo dialettico di Draghi, l’€ ha ripreso a salire contro dollaro, in compagnia delle altre divise, peraltro. Parimenti, i bonds europei, liberati dal rischio di divenire il capro espiatorio del sopracitato miracolo, hanno perso visibilmente supporto, fattorizzando in parte il quadro macro illustrato da Draghi. Il brusco movimento ha scatenato prese di beneficio anche sui bonds periferici.

L’azionario ha cercato per un po’ di far buon viso a cattivo gioco, ma una volta visto comparire 1.25 sul cambio, ha mollato gli ormeggi, lasciando trasparire il proprio sconforto per il 2% di rivalutazione della divisa unica nello spazio di poco più di 48 ore.

Solo il settore bancario europeo, soddisfatto per i marcati rialzi dei rendimenti, e aiutato dalle news di un rinvio dell’applicazione delle regole ECB per la gestione dei non performing loans, è andato in controtendenza, mettendo a segno un significativo recupero.

Sembrava che per oggi avessimo avuto sufficienti colpi di scena, ma a un paio d’ore dalla chiusura di Wall Street, Trump su CNBC è tornato sull’argomento cambio, con toni assai diversi dal suo Segretario del Tesoro: Mnuchin è stato interpretato male (per almeno tre volte, aggiungerei). Il dollaro si rafforzera sotto la sua presidenza, in linea con il rafforzamento dell’economia, e in ogni caso lui vuole un dollaro forte. Difficile immaginare una comunicazione più confusionaria da parte dell’ Esecutivo americano.

Cosi (NasdaqCM: COSI - notizie) il Dollaro ha invertito la rotta (levando nel processo un po’ di impeto a Wall Street) e verso fine seduta incredibilmente guadagna contro 7 delle 10 divise che compongono il paniere del G10.

Personalmente vedo nella mossa di Trump l’atteggiamento di chi, avendo lanciato il sasso, nasconde la mano. Ma certo, dopo questo colpo di scena, il semaforo per i venditori di dollaro è un po’ meno verde. Fino al prossimo U-turn.

Autore: Giuseppe Sersale Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online