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Giornata risparmio, più fiducia nel futuro e nell'euro - indagine Acri-Ipsos

La bandiera italiana accanto alla bandiera dell'UE davanti all'ufficio del presidente del Consiglio di Palazzo Chigi

ROMA (Reuters) - Oltre la metà degli italiani pensa che la pandemia sia vicina alla fine e che il peggio sia alle spalle, mentre le misure di sostegno Ue durante la crisi hanno fatto crescere la fiducia verso l'Unione e l'apprezzamento per la moneta unica.

Sono questi alcuni dei risultati dell'indagine sul risparmio condotta da Ipsos per l'Acri e presentata, come ogni anno, alla vigilia della Giornata Mondiale del Risparmio.

Resta però grande e in crescita (ora al 49% dal 47% del 2020) la quota di italiani che dice di aver esaurito o che è prossima ad esaurire le risorse a propria disposizione, pur mantenendosi elevata la quota (38%) di coloro che dicono di essere in grado di fronteggiare difficoltà. E il 13% vede la propria situazione in miglioramento.

Il sostegno europeo, anche con i fondi del piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) fa dire al 40% degli italiani intervistati che ci sono prospettive di miglioramento per l'Italia e l'Europa nei prossimi anni. Oltre il 70% è convinto che uscire dall’Unione europea sarebbe un grave errore ed è salita al 49% dal 37% del 2019 la quota di coloro che si dicono soddisfatti per l'euro.

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Anche se il 50% degli intervistati non ha sentito parlare affatto del Pnrr o ne ha una conoscenza molto superficiale, ci si aspetta di vedere dei risultati da questo programma soprattutto in termini di formazione (71%), salute (66%) e transizione ecologica (48%).

L'indagine, realizzata dal 23 al 30 settembre, ha sondato un campione di circa 1.00 intervistati rappresentativo della popolazione italiana adulta.

Anche le scelte di accumulo e impiego del risparmio riflettono la fase di uscita progressiva dalla crisi. Così la preferenza per la liquidità si attenua, sebbene catalizzi l'attenzione di più del 60% degli italiani. Cresce al contempo, lievemente, l’interesse dichiarato verso forme di investimento (37% contro 35% nel 2020), con un aumento della propensione per strumenti finanziari più a rischio che sale al 14% dal 9% del 2020. Mentre una minore attrattività per gli strumenti di investimento tradizionali, si legge in una sintesi dell'indagine, deriverebbe dalla combinazione di diversi fattori, quali "il rischio di inflazione, bassi tassi, paventata tassazione sugli immobili per scopi di investimento".

(Stefano Bernabei, in redazione a Roma Francesca Piscioneri)