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Gkn si presenta con gli avvocati e tira dritto sui licenziamenti. Il Governo ferma il tavolo

Presidio dei lavoratori Gkn davanti alla prefettura di Firenze (Photo: Aleandro BiagiantiAleandro Biagianti / AGF)
Presidio dei lavoratori Gkn davanti alla prefettura di Firenze (Photo: Aleandro BiagiantiAleandro Biagianti / AGF)

Succede tutto in pochi minuti. Dentro e fuori la prefettura di Firenze chiamata a ospitare la crisi di Gkn, l’azienda di Campi Bisenzio che una settimana fa ha annunciato la chiusura dello stabilimento e il licenziamento di tutti i suoi 422 lavoratori. Dentro il Governo con la viceministra allo Sviluppo economico Alessandra Todde, i sindacati, il prefetto, il sindaco di Firenze Dario Nardella, i delegati della Regione. Fuori gli operai, i fischietti, le bandiere, la rabbia. Dentro, ancora, il tentativo dello stesso Governo di fermare l’azienda. A distanza. Il management del fondo britannico Melrose - i proprietari - non si presenta. L’amministratore delegato dell’azienda appare in video, collegato da Londra e affiancato da un paio di avvocati. Già la composizione dei partecipanti e la modalità della riunione spiegano il dislivello di una discussione che parte accesa e che si conclude dopo tre ore con uno strappo. Quando uno dei legali dice che ci si rivedrà all’indomani in una stanza d’albergo, solamente con i sindacati e per discutere della procedura di licenziamento, è il Governo a fermare tutto.

La notizia arriva via Whatsapp sui telefonini degli operai. Si accendono i fumogeni, partono le urla contro l’azienda. La viceministra, che pochi minuti prima si è trovata di fronte il disconoscimento del tavolo istituzionale, si precipita allo stabilimento per capire come stanno le cose. Dopo l’interruzione del tavolo è la seconda l’immagine che schiera il Governo dalla parte dei sindacati e dei lavoratori. Davide Materazzi, segretario della Uilm Firenze, annuncia che i sindacati non parteciperanno all’incontro annunciato dagli avvocati: “Noi stiamo con il Governo: l’unico tavolo di confronto è quello ministeriale e con chi può decidere, non con gli avvocati”. All’inverso è l’immagine che lega i sindacati all’esecutivo.

Ma dietro alle proteste e alla riunione incandescente c’è la fermezza dell’azienda. A dirlo senza troppi fronzoli è Andrea Ghezzi, l’ad di Gkn: “I licenziamenti sono irreversibili e irrevocabili”. Le ragioni, già messe nero su bianco nel documento che ha aperto la procedura degli esuberi, vengono altrettanto ribadite: il mercato dell’auto in crisi, un calo a due cifre dal 2016 al 2019, la previsione di un trend negativo strutturale del settore nei prossimi 5-6 anni. Ancora una competizione agguerrita sui prezzi e una sovraccapacità produttiva del 30 per cento. Tutte ragioni che fanno dire all’azienda che l’unica strada è la chiusura dell’impianto con annessi licenziamenti, mentre la cassa integrazione aggiuntiva messa a disposizione dal Governo è ritenuta superflua.

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Quello che è avvenuto dentro e fuori la prefettura di Firenze lascia un onere importante in capo al Governo. Se prima della riunione la sfida era riuscire a far cambiare idea all’azienda, dopo la rottura deve riprovarci ma con la difficoltà aggiuntiva di riuscire prima a portare il management a sedersi a un tavolo istituzionale. Non è una questione di presenze e assenze nel senso fisico del termine. Tenere una vertenza a un tavolo in cui sono coinvolti tutti, a iniziare dagli enti locali, significa dare più forza a chi - il Governo appunto - ha il compito di provare a raddrizzare una crisi che oltre a generare una perdita di posti di lavoro si porta con sé un carico di protesta e di perdita di consenso che può fare molto male a chi governa il territorio.

Le questioni sono varie e intersecate tra di loro, ma danno tutte forma alla difficoltà di contare in una crisi al momento guidata in modo unilaterale da chi ha deciso di chiudere e licenziare. Ancora è la necessità di uscire dalla dicotomia del fondo o della multinazionale spietata contro i lavoratori trattati come pacchi. Il Governo ci prova. Il Consiglio dei ministri ha approvato un pacchetto di misure per tutelare i lavoratori delle aziende in crisi: chi ha almeno mille dipendenti e gestisce un sito di interesse strategico nazionale potrà avere a disposizione 13 settimane di cassa Covid, pagata dallo Stato, da utilizzare fino al 31 dicembre. Le imprese in procedura fallimentare o in amministrazione straordinaria saranno esonerate dal pagamento delle quote di accantonamento del Tfr relative alla retribuzione persa per via di una riduzione o di una sospensione dell’attività, e non pagheranno nemmeno il cosiddetto contributo di licenziamento. Alcune crisi, come quella dell’ex Embraco, vengono quantomeno congelate con l’allungamento della cassa integrazione per cessata attività.

Ora è evidente che di fronte al rifiuto di Gkn, ma anche di Gianetti Ruote e di Whirlpool, di utilizzare la cassa integrazione invece di licenziare, gli strumenti del Governo sono incentivi per dissuadere altre imprese a seguire la strada di tre realtà che hanno deciso di licenziare in tutto 901 lavoratori. Ma alcune crisi, come quella di Whirlpool, continuano a correre e come quella di Gkn a essere irreversibili dal punto di vista delle decisioni assunte dai proprietari. I lavoratori dello stabilimento di Napoli hanno occupato l’aeroporto di Capodichino e sono pronti ad altre mobilitazioni. Ma nonostante questa pressione e l’impegno di Mario Draghi a intervenire, la multinazionale ha notificato ai sindacati un documento di 74 pagine con cui apre la procedura di licenziamento. Davanti ci sono 75 giorni di negoziazione, subito dopo partiranno le lettere ai lavoratori. Lo spazio per fermare la procedura formalmente c’è, ma ad oggi non ci sono margini. In questo caso la reindustrializzazione, rincorsa dai governi che si sono susseguiti dal 2019, è l’unica possibilità a fronte però di una difficoltà oggettiva nell’individuare un nuovo investitore.

Qui per il Governo le cose si complicano ancora. Se Pd e Lega vanno d’accordo sulle misure emergenziali, come quelle adottate dal Consiglio dei ministri, e se tutti guardano di buon occhio all’attivazione del fondo da 400 milioni al ministero dello Sviluppo economico proprio per le aziende in difficoltà, tutt’altra storia è la visione sulla questione più strutturale e cioè su come si ricostruisce una politica industriale travolta dal Covid e da fenomeni, nazionali e internazionali, che sono datati e che vanno dal costo del lavoro alla delocalizzazione. Il margine è labile e attraversa da una parte il campo di chi vuole salvare fondamentalmente tutte le imprese e tutti i lavoratori, di fatto prorogando la gestione emergenziale adottata durante la pandemia, e dall’altra il campo di chi pensa che bisogna mettere in conto che alcune attività non possono più sopravvivere e che quindi è necessario puntare e investire su quelle sane.

Il vicesegretario del Pd Peppe Provenzano si è recato ai cancelli della Gkn. Ha posto una questione cruciale: “Nella transizione dell’automotive, come vogliamo accompagnare e rafforzare l’intera filiera, in cui si colloca un pezzo essenziale dell’industria italiana?”. L’ha chiesto al ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, in quota Lega, aggiungendo che “non può limitarsi a commentare le vicende di questi giorni, né delegare la gestione dei singoli tavoli di crisi”. Il Pd è per una transizione digitale e green “giusta”. Andrà costruita.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.