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La Grecia è nel caos. Nuove elezioni in vista?

In arrivo gli aiuti da 5,2 miliardi. Germania severa con i tentativi di ridiscutere il rigore

Dovrebbero pensare a salvarsi, o a intascare i soldi, una tranche da 5,2 miliardi di euro, per gentile concessione del fondo salva-Stati europeo temporaneo, lo European financial stability facility (Efsf), e che serviranno a pagare gli interessi sui prestiti della Bce, pari a 3,4 miliardi di euro. Tranche che, dopo una riunione straordinaria del board del fondo salva-Stati temporaneo, potrebbe essere congelata per qualche giorno in attesa di vedere se il leader dei socialisti greci Venizelos riuscirà a formare un governo per continuare l’impegno nazionale. Eppure, nel bailamme generale, la classe politica greca ha, fino all’ultimo, provato a ridiscutere le condizioni degli aiuti, considerati troppo asfissianti da parte dei paesi dell’euro zona.

Peccato però che nella fase di stallo in cui sono, gli manchi anche un governo che possa farlo in maniera credibile. La crisi del paese, economica e politica, viaggia di pari passo, permettendosi anche il dibattito sull’uscita dalla moneta unica. E la frammentazione delle opinioni in merito non aiuta. che rappresenti chiaramente le volontà e gli obbiettivi. Al centro dello scenario, fino a poche ora fa, il leader del partito di estrema sinistra Alexis Tsipras, di Syriza, che ha cercato di formare un governo, dopo il tentativo abortito di Antonis Samaras, di Nea Dimokratia, primo partito del paese e filoeuropeista. Per Tsipras, bisognerebbe ridiscutere le misure del fiscal compact, ma deve arrendersi contro l’evidenza dei fatti: non è nella posizione di farlo.

Non ha potuto nemmeno, come avrebbe voluto, incontrare la Merkel o Hollande, non essendo nemmeno un capo di Stato. Abdicherà, nell’intento di formare il governo, a favore dell’ex ministro delle Finanze Evangelos Venizelos, leader del partito socialista Pasok, colui che ha firmato gli accordi che ora Tsipras chiede di respingere, secondo cui l’uscita dall’euro piloterebbe il paese verso la povertà di massa. Venizelos riceverà l’incarico di avviare le consultazioni, avendo Tsipras rimesso il mandato nelle mani del presidente Karolos Papoulias. Le nuove elezioni sembrano sempre più vicine.

In attesa di trovare una via d’uscita politica all’anarchia in cui versano, non cambiamo molto i sentimenti da parte tedesca. Come ribadito dal ministro degli Esteri, Guido Westerwelle, "se la Grecia non continua con le riforme, gli aiuti non saranno versati". Uguale l’opinione del ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble, “saranno loro a decidere se restare o no”.  Se la coppia Ue-Fmi smettesse di erogare i prestiti, quello che sembra un referendum sull’opportunità di restare nei 27 diventerebbe una realtà. Nemmeno troppo rosea. Il richiamo, funesto, va all’Argentina e alla bancarotta, che interverrebbe  una volta cancellato il debito.

Comincerebbe poi, una procedura fallimentare dove i cittadini correrebbero a ritirare i propri risparmi in deposito anticipando l’inevitabile svalutazione della neo dracma. Con le casseforti vuote, sarebbe poi necessario, rimettere mano al sistema bancario, nazionalizzandolo, stampare moneta, con annesso rischio inflazione.  Per sostenere la moneta, la banca centrale dovrebbe a sua volta acquistare dracme, per sostenere il valore, fino a esaurimento delle riserve. Insomma, l’europressione sui greci ha raggiunto lo stadio terminale, pensando anche alle varie tempistiche: Atene deve rifinanziare 3,4 miliardi di bond il 18 maggio.

Eppure, malgrado il risentimento tedesco, venato anche da un certo sentimento di lesa gratitudine, i greci non si allontanano molto da uno dei nodi futuri dell’eurozona: rispettare le misure di rigore ma coniugarle con la crescita. Perfino la Deutsche Bundesbank, rivolgendosi alla commissione finanze della camera bassa del parlamento tedesco prevede che "la Germania potrebbe in futuro avere un tasso di inflazione superiore alla media della zona euro" per contribuire a migliorare la situazione dei partner europei. Resta sullo sfondo un velatissimo invito, secondo alcuni analisti, a ripensare a una possibile svalutazione dell’euro in grado di rilanciare l’eurocompetitività, pur pagando dazio all’inflazione.