Annuncio pubblicitario
Italia markets closed
  • Dow Jones

    37.980,84
    -480,08 (-1,25%)
     
  • Nasdaq

    15.509,11
    -203,64 (-1,30%)
     
  • Nikkei 225

    37.628,48
    -831,60 (-2,16%)
     
  • EUR/USD

    1,0726
    +0,0025 (+0,24%)
     
  • Bitcoin EUR

    59.786,36
    -587,98 (-0,97%)
     
  • CMC Crypto 200

    1.387,50
    +4,93 (+0,36%)
     
  • HANG SENG

    17.284,54
    +83,27 (+0,48%)
     
  • S&P 500

    5.026,82
    -44,81 (-0,88%)
     

I batteri mangia-plastica che possono ripulire i nostri oceani

La plastica inquina i mari e gli oceani, provocando la morte dei pesci  (Photo credit should read ERNESTO BENAVIDES/AFP/Getty Images)
La plastica inquina i mari e gli oceani, provocando la morte dei pesci (Photo credit should read ERNESTO BENAVIDES/AFP/Getty Images)

La plastica uccide i pesci e inquina i mari. In soccorso dei nostri oceani potrebbero arrivare i batteri mangia-plastica, microrganismi marini in grado di “sgranocchiare” questo materiale, che sappiamo bene essere oramai onnipresente negli oceani.

La ricerca

A darne notizia è un team di ricercatori internazionale che, in uno studio appena pubblicato sul Journal of Hazardous Materials, ha analizzato in che modo le comunità microbiche si accumulano sulla plastica e contribuiscono al suo degrado, attraverso un meccanismo biologico naturale che in futuro potrà essere utilizzato per ridurre l’inquinamento da plastica negli oceani.

La plastica nei mari

Una volta che la plastica arriva nei mari viene alterata da una serie di fattori esterni, tra cui le radiazioni Uv, cambiamenti di temperatura e l’abrasione causata dall’acqua marina. Questi processi danno così il via alla degradazione del materiale in frammenti di microplastiche e nanoplastiche sempre più piccoli. “Il degrado abiotico precede e stimola la biodegradazione”, spiegano i ricercatori, guidati da Evdokia Syranidou dell’Università di Creta, in Grecia. “Pertanto, una vasta gamma di organismi può stabilirsi sulla superficie esposta alle intemperie, utilizzandola come substrato e come fonte di carbonio”.

L’esperimento

Per verificarlo, i ricercatori hanno raccolto campioni di detriti di polietilene, la plastica più comune, e di polistirolo, tipico degli imballaggi alimentari, in due spiagge della Grecia. Essendo già stati esposti a fattori di degradazione, come l’acqua salata e i raggi solari, i piccoli frammenti sono stati immersi in acqua insieme a due diversi tipi di comunità microbiche: organismi naturali presenti nel mare e ceppi bioingegnerizzati, in grado di sopravvivere con prolietilene e polistiroli come unica fonte di carbonio.

I batteri mangia-plastica

Dopo cinque mesi, i ricercatori hanno analizzato in che modo i frammenti erano stati modificati, concentrandosi sul loro peso: dalle analisi è emerso che entrambi i batteri erano riusciti a ridurre il peso del polistirolo fino all’11% e del polietilene al 7%. “I nostri risultati”, spiegano i ricercatori, “suggeriscono che le comunità marine hanno la capacità di prosperare in presenza di composti di materie plastiche e di partecipare al loro degrado”. Questi batteri, in futuro, potrebbero svolgere un ruolo importante nella lotta all’inquinamento da plastica.

Leggi anche:

L’inquinamento atmosferico danneggia tutti i nostri organi

Telefonia, come reagire ai rincari dell'estate

Selfie che uccidono, cosa c'è di vero?