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I greci sono più poveri dei migranti che accolgono

Il paradosso di un’Unione Europea che la settimana scorsa ha festeggiato i 60 anni di quelli che, in maniera forzata, sono stati definiti successi ma che, da alcuni punti di vista, non possono che essere dichiarati fallimenti.

La situazione in Grecia

E questa volta l’ottica dalla quale guardare è quella di Atene. Dopo anni di aiuti finanziari che non hanno minimamente risolto i problemi di fondo, adesso vanno acutizzandosi quelli creati dai tagli draconiani operati nel tempo dai vari governi sotto la richiesta esplicita dei creditori. In primis quella di fasce deboli della popolazione che si ampliano sempre di più e che rischiano di pagare (in realtà già lo fanno) la parte peggiore di una crisi che nella maggior parte dei casi non si è contribuito a creare. Le ultime proiezioni sono quelle dell'European Center for disease prevention, secondo cui non solo il 10% dei pazienti rischia di contrarre infezioni in ospedale a causa delle carenze igienico sanitarie dettate da carenza di personale e di adeguate attrezzature igieniche, ma sempre più spesso i pazienti stessi sono costretti a portarsi da casa siringhe e coperte oltre che a doversi comprare da soli le medicine, cosa che, senza molte differenze, avviene anche in Italia. La percentuale di popolazione in stato di povertà assoluta è passata dal 2% al 15% dal 2019 ovvero dall’inizio della crisi.

La chiusura dell'Austria

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Ma come da tempo si sa, Atene è costretta non solo a dover gestire la crisi in casa propria, bensì anche quella del sempre più massiccio flusso di migranti i quali si trovano costretti a dover restare forzatamente bloccati in Grecia a causa della regolamentazione europea. Infatti le stando alle direttive dell’intesa di Dublino III, i migranti devono chiedere asilo nel primo stato Ue sul quale transitano ma che nel 99% dei casi non è quello di destinazione. Per questo motivo si crea il paradosso di una popolazione ateniese che chiede soldi ai migranti i quali, nella disperazione di una prigionia immotivata, accettano di pagare in cambio di un passaggio verso i confini nord, peraltro estremamente sorvegliati dal moemnto che proprio in queste zone si concentra la maggior parte dei campi profughi, vere e proprie comunità ormai consolidate dai lunghi tempi di permanenza dettati dalle pratiche burocratiche necessarie per avere un permesso. In tutto questo, come se ciò non bastasse, l’Austria ha già fatto sapere che è intenzionata a rivedere gli ingressi dei profughi sul proprio territorio; nello specifico si tratta della ricollocazione dei migranti prevista dall’accordo di ricollocazione sottoscritto dai membri Ue. Numeri alla mano Vienna avrebbe dovuto accogliere 1491 profughi dalla Grecia e altri 462 dall’Italia.

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