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I mercati non si fidano di Atlante. I motivi dello scetticismo

Partiamo subito col dire che le fragilità del sistema bancario sono note da tempo. Che sia esso italiano, europeo, statunitense o mondiale, il nesso tra economia, debito e, spesso, operazioni spregiudicate e altrettanto poco controllate, sono punti in comune un po’ ovunque.

Le (Taiwan OTC: 8490.TWO - notizie) operazioni delle banche centrali

Per questo motivo dallo scoppio della crisi, ovvero da quel fatidico 2008, il sistema di credito è sempre stato accusato, giustamente o meno, delle peggiori responsabilità. Ed è per lo stesso motivo che le banche centrali, dalla Fed alla Bce (Toronto: BCE-PA.TO - notizie) , hanno deciso di guardare alle banche come snodo principale per riuscire a sbloccare la crisi. Con le dovute differenze visto e considerato che storicamente l’approccio europeo verso gli istituti di credito è maggiormente vincolato verso l’economia reale, il risparmio e la realtà locale a differenza di quanto avviene, in linea di massima, nella realtà statunitense.

Guardando alla sola realtà italiana non si può fare a meno di riflettere su una fragilità sempre più evidente sul fronte delle capitalizzazioni ma anche delle sofferenze, con un peso da oltre 360 miliardi considerando il valore più ampio che comprende anche i crediti incagliati, cioè quelli difficilmente esigibili.

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Il varo di Atlante...

Più che naturale che le istituzioni abbiano deciso di porre come rimedio uno strumento particolarmente mirato come il fondo Atlante. Che poi il mercato ci creda o meno è un’altra storia, anche perchè, alla luce di quanto accaduto nelle ultime ore, sembra montare lo scetticismo sull’efficacia della soluzione trovata. Il caso della Popolare di Vicenza, la cui sottoscrizione per la capitalizzazione non ha raggiunto nemmeno l’8% costringendo Atlante alla sua prima opera di “salvataggio” non è certo un bel biglietto da visita anche se non sono da biasimare gli investitori che, dopo aver visto un crollo delle azioni da 40 euro ai 0,1 cent dell’offerta hanno preferito evitare il rischio. Risultato: lo sbarco a Piazza Affari della Popolare è stato rimandato.

... e i suoi difetti

Altro banco di prova potrà essere l’altra protagonista, quella Veneto Banca che rischia di far collassare le buone intenzioni del fondo stesso il quale, inizialmente, aveva destinato una percentuale alla gestione dei famosi e già citati Npl, percentuale che potrebbe essere sfruttata nel range minimo del 30% invece che in quello più alto ma ancora indefinito e che sarebbe stato invece nato qualora dalle operazioni di capitalizzazione fosse avanzato qualcosa. Un’eventualità che il salvataggio di Veneto Banca potrebbe tagliare del tutto. Infatti nel caso in cui anche questo secondo esperimento dovesse andare per il peggio oltre ai capitali si avrebbero difficoltà non solo per la stessa credibilità (e tenuta?) del fondo, ma anche del sistema bancario: cosa rimarrebbe per gli altri istituti di credito ugualmente fragili?

Non solo, ma allo stato attuale, le leggi e i regolamenti riguardanti la riscossione dei crediti prevedono tempi ancora lunghi, tempi che potrebbero sfociare anche sui 10 anni, tempi che intaccano quindi anche la valutazione delle sofferenze in pancia agli istituti stessi. Il tutto mentre le nuove norme approvate sembrano non incidere in maniera determinante. Il motivo? ovviamente si applicano sui crediti futuri e non su quelli già contratti. In altre parole: nessun vantaggio per le banche.

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