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I mercati scivolano sul datagate

La settimana, che ho indicato ieri come decisiva per il futuro immediato dei mercati, è partita piuttosto male.

Accanto ai timori per quel che potrebbe succedere nei prossimi giorni (dazi USA ai nastri di partenza e rialzo dei tassi FED), sono anche arrivate notizie e rumor che non spingono gli investitori all’ottimismo.

Lo scandalo Facebook (NasdaqGS: FB - notizie) innanzitutto, che ha messo il colosso dei social network al centro di un’indagine per aver consentito ad una società di “pirateria pubblicitaria” legata alla destra politica più estrema, attraverso un’operazione di finta indagine accademica, di raccogliere 50 milioni di dati sensibili su cittadini americani, usati poi per fare pubblicità molto mirata a vantaggio di Trump.

Il caso ha una duplice implicazione. Da un lato conferma come sia vero che oggi la merce di scambio più ambita sul mercato siano i nostri dati personali, che consentono di manipolare con messaggi molto mirati ed efficaci le nostre scelte commerciali ed anche politiche. Questo aspetto è destinato a stimolare controlli e divieti da parte delle autorità politiche, a danno del business delle grandi corporation che su internet fanno affari miliardari proprio con la vendita del Big Data. Per questo motivo il Nasdaq (Francoforte: 813516 - notizie) ne ha risentito in modo significativo. Non solo Facebook ha accusato il colpo, arrivando a perdere fino a -8%, ma anche gli altri colossi tecnologici sono stati ampiamente venduti.

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Il secondo aspetto della vicenda chiama in causa direttamente Trump, già da tempo al centro delle indagini per il Russiagate, che ora, con i possibili sviluppi del Datagate, rischia di ritrovarsi un nuovo ingombrante scheletro nell’armadio. Sarebbe il terzo, dopo che nei giorni scorsi già vi è entrato quello delle sue relazioni bollenti con alcune pornostar, pagate per il loro silenzio.

Oltre al Datagate ieri ha anche innervosito i mercati la notizia, arrivata nel weekend ed alla vigilia del G20, che gli USA hanno deciso di interrompere il programma di dialogo economico con la Cina, che durava da 10 anni ed il rumor che Trump avrebbe in animo di intraprendere nuove iniziative protezionistiche contro il gigante asiatico per 30 miliardi di dollari, in aggiunta ai dazi già decisi.

Come se non bastasse, si intensificano anche i rumors sulle intenzioni delle principali banche centrali. In ambito FED, oltre al rialzo dei tassi, dato per certo domani sera, dopo la riunione periodica del FOMC, si vocifera di possibili inasprimenti delle restrizioni monetarie, ipotizzando che i rialzi del 2018 vengano portati a 4, dai 3 precedentemente annunciati. Riguardo alla BCE (Toronto: BCE-PRA.TO - notizie) , si sono diffuse voci che l’orientamento all’interno del Consiglio Direttivo sia ormai decisamente a favore di una interruzione a settembre della manovra di acquisto di obbligazioni sul mercato (Quantitative Easing) e che l’attenzione di parecchi membri, che stanno abbandonando Draghi, sia già rivolta al piano di riduzione della montagna di titoli presenti ora nel bilancio della BCE.

Di (KSE: 003160.KS - notizie) fronte ad una serie così nutrita di questioni, vere o presunte, tutte negative per i mercati, la settimana non poteva certo iniziare bene. Wall Street ha catalizzato il ribasso, che si subito esteso anche agli indici europei.

Il risultato finale è stato per quasi tutti gli indici occidentali una perdita superiore al punto percentuale. Un po’ meglio ha fatto il nostro Ftse-Mib (-0,98%), grazie alla miglior tenuta del settore bancario.

La situazione grafica di SP500, che è pur sempre il faro per tutti gli altri indici azionari mondiali, si è decisamente complicata. L’area compresa tra quota 2.740 e 2.725 era molto importante per la tenuta del mercato, poiché lì transitava la trendline ascendente che ha accompagnato il recupero dai minimi del 9 febbraio scorso, la media mobile a 20 e quella a 50 giorni. Si tratta di ben tre indicatori supportivi che avrebbero dovuto attirare i compratori e impedire lo scivolamento dell’indice. Invece la forza dei venditori ha travolto le barriere difensive e accentuato il calo fino al minimo di giornata di 2.694. Un recupero finale ha un po’ lenito le ferite, ma senza impedire che la chiusura (2.713) risultasse ampiamente al di sotto dei supporti. Oggi urge un immediato risveglio dei compratori ed il ritorno al di sopra di 2.725, per evitare un avvitamento che avrebbe come primo obiettivo l’area 2.650.

L’Europa, al seguito della debolezza di Wall Street, non è riuscita a mantenere lo stato di grazia che l’ha protetta nelle ultime sedute ed ha registrato con Eurostoxx50 un passivo (-1,30%) che ha riportato l’indice sui minimi della scorsa settimana, che oggi debbono reggere a tutti i costi, per evitare il possibile ritorno ai valori di inizio febbraio.

Il nostro Ftse-Mib, però, alla faccia delle incertezze politiche, è messo decisamente meglio. Il calo di ieri è stato più contenuto ed il supporto da mantenere (22.400 punti) è ancora abbastanza lontano dalla chiusura di ieri (22.633). Se non verrà contagiato dalla debolezza altrui, il trend rialzista di breve periodo non è ancora compromesso.

Autore: Pierluigi Gerbino Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online