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Ibm smentisce la notizia dei 110mila licenziamenti

Robert Cringley

ha lanciato la notizia giovedì 22 gennaio sull’autorevole Forbes: la prossima settimana – cioè questa – i dirigenti di IBM telefoneranno al 26% dei loro dipendenti per avviare una riorganizzazione che “colpirà molti centri operativi in tutto il mondo”. Una volta accesa la miccia, la notizia ha seminato il panico nel mondo della finanza fino a quando, con un comunicato stampa inviato all’agenzia Reuters, IBM non ha smentito l’indiscrezione del contributor che si autodefinisce "iconoclasta della Silicon Valley", ma ne ha ridimensionata radicalmente la portata respingendola, di fatto, nella categoria "bufale".

Quando la smentita è arrivata ieri, a quattro giorni dal post di Cringley, tramite i lanci d’agenzia di Reuters, la notizia si era già propagata su scala globale con calcoli e supposizioni. La cifra fatta da molti era di 110mila licenziamenti ovverosia il 26% dei 430mila dipendenti worldwide di una delle aziende storiche dell’ICT. IBM non ha smentito i tagli, ma li ha ridimensionati definendo “ridicoli e senza fondamento” i numeri ipotizzati da Cringley: “IBM ha già annunciato l’accantonamento di 600 milioni di dollari per il ribilanciamento della forza lavoro. La cifra equivale ad alcune migliaia di persone, una mera frazione di quanto riportato. L’anno scorso IBM ha assunto 45.000 persone. Al momento le posizioni aperte in tutto il mondo sono 15.000 e coprono le aree tecnologiche a maggior crescita come il cloud, gli analytics, la sicurezza, il mobile e il social”.

Il comunicato giunto ieri nelle redazioni di Reuters, quindi, chiarisce che i tagli saranno finalizzati alla riorganizzazione di un’azienda che sta spostando il proprio core business sul cloud computing. Nessuno scenario apocalittico, ma una migrazione verso la “nuvola” e settori di business diversi dagli hardware che hanno caratterizzato per alcuni decenni l’azienda nata nel 1911.

Un noto analista di Wall Street, Toni Sacconaghi di Bernstein, ha ipotizzato 8mila possibili licenziamenti per il 2015 ovverosia una cifra in linea con gli ultimi sette anni in cui IBM ha ridotto il personale fra le 6500 e le 21500 unità per anno. IBM ha dichiarato 431.212 dipendenti nel 2013 e 434.246 dipendenti nel 2012, mentre non è ancora noto l’organico complessivo a fine 2014.

Nata nel 1911 dalla fusione di quattro diverse società, un secolo fa IBM produceva strumenti di calcolo, dalle bilance agli orologi. Dal 1950 al 1980 ha cambiato più volte pelle producendo i primi hard disk e floppy disk, registratori di cassa e bancomat, fino a rilasciare, nel 1981, il primo personal computer, l’IBM PC. Negli ultimi anni l’irruzione dei social media e le continue trasformazioni in atto nel settore degli hardware l’hanno costretta a spostare la propria attenzione sul cloud computing. Già nel 1993, anno dell’avvento del web, l’azienda aveva tagliato 60mila dipendenti. In tempi recenti, il più significativo licenziamento di massa nel mondo ICT è stato quello di Cisco che ha tagliato 6000 dipendenti assumendone 7000 con competenze in linea con le esigenze del mercato.

Per quanto riguarda il nostro Paese, poco prima di Natale, i dipendenti della divisione italiana di IBM hanno approvato con una maggioranza plebiscitaria (3293 sì e 88 no) l’ipotesi di accordo per la gestione dei 230 esuberi dell’azienda. L’accordo – giunto dopo una lunga trattativa sindacale – ha evitato i licenziamenti unilaterali. In Europa gli esuberi dichiarati alla fine del 2014 sono all’incirca 1900.