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Il buon umore ci fa mangiare meglio: il motivo

Una ricerca collega gli effetti delle emozioni sulle scelte alimentari

Le emozioni influenzano il nostro rapporto con il cibo: è un luogo comune che tutti sperimentiamo. Ma in che modo? Perché stare bene ci fa mangiare bene? E’ quello che prova a spiegarci un’interessante ricerca scientifica a firma Meryl P. Gardner, Brian Wansink, Junyong Kim, Se-Bum Park, pubblicata sull’ultimo numero del Journal of Consumer Psychology. Lo studio parte da un dilemma quotidiano: cibo spazzatura o cibo sano? Cosa ci muove verso l’uno o l’altro? E’ un bivio che tutti dobbiamo affrontare, ogni giorno. Ogni volta che optiamo per l’insalata o per la frittura, facciamo una scelta che ha effetti temporali, a breve e a lungo termine, e questa è la prima chiave di lettura da usare per capire il rapporto tra umore e alimentazione.

Il risultato sperimentale della ricerca è che un umore positivo aumenta l’importanza di obiettivi a lungo termine, come tenere il nostro peso forma e mangiare sano, e ci fa preferire cibi sani, mentre il cattivo umore ci costringe sempre a una visione a breve termine, nella quale gli effetti emotivi immediati del cibo contano sempre più di quelli sulla salute a lungo termine. Si tratta di una scoperta importante, che può avere effetti importanti su come vengono costruite le politiche di comunicazione pubblica su cibo e salute. Perché a contare non sono solo le emozioni, ma la prospettiva temporale in cui le inseriamo.

Il costrutto temporale del cattivo umore è spesso legato al qui e ora, ai dati che ci rendono infelici e ad altri dati che possono rimuovere quell’infelicità. Quando siamo in questo stato, gli aspetti del cibo che ci colpiscono di più sono proprio quelli legati al qui e ora, quindi quelli sensoriali, mentre quelli astratti (come le proprietà nutritive) finiscono in secondo piano. Il buon umore invece permette al consumatore una prospettiva temporale più ampia, che include anche gli effetti futuri, e astratti, di quello che andremo a mangiare. E per questo motivo se stiamo bene, mangiamo bene.

Come hanno lavorato i ricercatori per giungere a queste conclusioni? La prima fase della ricerca (su un campione di 211 adulti) si è focalizzata sugli effetti dell’umore positivo ed ha potuto correlare un umore migliore con una valutazione più completa e astratta del valore del cibo. La seconda parte della ricerca (315 studenti universitari) ha provato invece la correlazione tra un cattivo umore e una valutazione più edonistica del cibo. Se i primi due studi erano sulla percezione, un terzo studio ha affrontato proprio il capitolo delle scelte, mettendo il campione a scelta tra uva passa ed M&M’s. Anche in questo caso, il campione ha provato che i soggetti di buon umore sceglievano in prevalenza l’uva passa, quelli di cattivo umore le M&M’s. Il quarto passaggio dello studio ha invece provveduto a collegare il pensiero astratto al lungo termine e il pensiero concreto al breve termine.

Quindi, in sintesi, quando siamo di cattivo umore mangiamo male perché pensiamo solo al breve termine e quello che possiamo valutare nel breve termine (sapore, colore, odore) mentre quando siamo di buon umore mangiamo meglio perché riusciamo a pensare a lungo termine e a caratteristiche più astratte del cibo (Fa bene? Fa ingrassare?) che esistono solo nel futuro. La ricerca si conclude suggerendo di curare l’umore non con il cibo ma con altre attività come guardare film, ascoltare musica o parlare con gli amici.