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Il cuore della tecnologia che usi? Arriva tutto dall'Africa

La raccolta dei minerali in Africa è il più delle volte sinonimo di sfruttamento (foto: Getty Images)
La raccolta dei minerali in Africa è il più delle volte sinonimo di sfruttamento (foto: Getty Images)

Può darsi che il cellulare, il tablet o il computer che stai usando per leggere questo articolo siano stati ideati negli Stati Uniti, in Europa, in Asia. Ma il cuore pulsante di queste tecnologie arriva tutto dall’Africa. Esatto, la tanto vituperata Africa che da qualche secolo è crocevia di sfruttamento e di nuovi e vecchi colonialismi.

Dopo tanti anni di sfruttamento del territorio africano per raccogliere oro e diamanti (quest’ultimo in via d’estinzione, già in procinto di scomparire entro questo secolo), ora in Africa lo sfruttamento del lavoro si è spostato su nuovi minerali: cobalto e litio.

Le nuove tecnologie, le auto elettriche e la componentistica della maggioranza degli strumenti elettronici che usiamo tutti i giorni dipendono da questi due metalli – essenziali per la costruzione di batterie durevoli. Ci sono anche altri metalli estratti in Africa, in particolare la grafite, ma sono comunque cobalto e litio ad avere la maggior domanda.

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La Repubblica Democratica del Congo (RDC), da sola, produce quasi i due terzi del cobalto di tutto il mondo e ha anche enormi riserve non sfruttate di litio. Questo paese è praticamente insostituibile nella catena delle forniture per l’industria dei veicoli elettrici, e per questo motivo è lì che si vedono le storture più evidenti sulla pelle dei lavoratori. I governi stranieri cercano di prendere il controllo delle miniere, ma pure gli stessi abitanti litigano per averle; sull’orlo della guerra civile, l’unica certezza è lo stipendio dei minatori: basso e senza alcuna misura di sicurezza a proteggerli.

Per il litio invece c’è lo Zimbabwe a dare più opportunità per lo sfruttamento del territorio (con danni evidenti anche a livello ambientale). Dietro questo paese ci sono altri Stati che hanno un ruolo nel nuovo commercio dei minerali: Botswana, Madagascar, Mali, Marocco, Mozambico, Sudafrica, Zambia.

Uno potrebbe pensare che tutta questa importanza e la ricchezza generata siano un volano per l’economia continentale. La risposta a questo pensiero è una sola, ed è un no. Basti pensare che nonostante il mercato dei veicoli elettrici abbia il potenziale per arrivare a un valore di 567 miliardi di dollari entro il 2025, il contributo dell’esportazione mineraria sul PIl è attorno al 10% nei migliori dei casi.

Il resto dei soldi dove va? La presenza massiccia di interessi cinesi è comprovata e allo stato attuale ha un controllo pressoché capillare sulla filiera del cobalto. Ancora una volta l’Africa è alla mercé dei primi arrivati, e con questo sfruttamento avrà ben poco margine per risollevarsi economicamente e politicamente.

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