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Il Genero di Erdogan è il Nuovo Ministro dell’Economia in Turchia: la Lira Turca Subisce un Altro Duro Colpo

Il 24 Giugno l’87% dei turchi aventi diritto si sono recati alle urne per consacrare il regno di Erdogan, che ha vinto le elezioni al primo turno con il 52,5% dei voti.

Si è trattato delle prime elezioni dopo il referendum che ha segnato il passaggio della Turchia da un sistema parlamentare a un sistema presidenziale. Così, Erdogan, dopo 15 anni al governo, ha acquisito definitivamente i poteri esecutivi e giudiziari.

Dopo il giuramento tenutosi questo lunedì, il leader turco si è affidato l’onere di nominare il governatore della banca centrale e ha rimosso, come temuto, il termine dei 5 anni di durata della carica, senza ancora pronunciare la nuova scadenza.

I mercati finanziari avevano già subito il colpo negli scorsi giorni, ma la novità delle ultime ore potrebbe avere conseguenze ancor più gravi.

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La speranza era quella che il presidente formasse un governo di tecnici non estremamente ostili nei confronti dell’Europa e dei mercati, ma la scelta di Erdogan per il Ministero dell’Economia è ricaduta sul genero Berat Albayrak, precedentemente alla guida del Ministero dell’Energia.

Così, il vice-premier Mehmet Simsek e l’ex Ministro delle Finanze Naci Agbal, dalla politica pro-business e liberale, sono stati sostituiti da un volto già da tempo osteggiato, per via del possibile nepotismo.

Tra gli altri grandi nomi, spiccano quelli del vicepresidente Fuat Oktay, ex dirigente di Turkish Airlines, Mevlut Cavusoglu riconfermato agli Esteri, Suleyman Soylu agli Interni e Abdulhamit Gul alla Giustizia, tutti alquanto vicini agli ideali del leader.

Le aspettative dei mercati, che speravano nella riconferma dei pochi volti turchi meno ostili, sono state quindi deluse, e le prospettive future tornano a tingersi di nero.

L’economia turca, caratterizzata da un forse eccessivo populismo e da politiche monetarie e fiscali alquanto accomodanti, sta vedendo un ritorno all’inflazione, pari al 12% su base annua, e in irrefrenabile salita.

Secondo il parere degli esperti, le principali difficoltà della Turchia sono riconducibili alla Banca Centrale Turca, che non è riuscita a raggiungere gli obiettivi prefissati di anno in anno e la cui indipendenza è stata a più riprese messa in dubbio.

Adesso, con le novità introdotte dal Presidente, prima tra tutte la già citata nomina del Governatore della banca centrale, difficilmente l’istituto potrà formulare una ricetta di politica monetaria in grado di contrastare l’inflazione.

A ciò si aggiunge un deprezzamento della lira turca del 25% dall’inizio dell’anno e un eccessivo deficit delle partite correnti, pari a circa 55 miliardi di dollari. Quest’ultimo è direttamente imputabile alla contrazione degli investimenti stranieri a causa dei recenti mutamenti politici. Se si considerano le nuove riforme fiscali americane e il mutato contesto globale, anche la quota di capitali di fondi stranieri mostra una contrazione. Inoltre, le riserve di valuta straniera si sono sensibilmente ridotte, avvicinandosi a quota 80 miliardi di dollari.


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E le riforme annunciate nel corso della campagna elettorale, tra cui spicca la politica economica volta alla crescita e alla guerra contro i tassi di interessi, non fanno ben sperare.

Intanto, la lira turca ha reagito alla nomina del nuovo Ministro dell’Economia con la più grande caduta dal golpe del 2016, e oggi perde il 2,18% contro l’euro; gli investitori locali hanno però venduto circa 700 milioni di dollari spingendo la ripresa della moneta.

Nonostante ciò, la lira turca è ancora considerata una delle valute dei Paesi emergenti con i più alti rendimenti, pari a quasi il doppio rispetto alla media.

This article was originally posted on FX Empire

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